Presentazione al Bruno di «Curre curre guaglió», storia dei 99 Posse

di Fabio De Santi

Un viaggio attraverso gli occhi di ragazzini cresciuti in fretta in quei quartieri popolari di Napoli, in quei paesi dell'hinterland, dove si affacciano alla vita, si innamorano della musica e della politica. È quello compiuto da Rosario Dello Iacovo nel libro Curre curre guaglió. Storie dei 99 Posse pubblicato da Baldini e Castoldi che racconta in una maniera particolare la storia della band napoletana. Un libro che verrà presentato dall'autore insieme a Luca Persico «O Zulù» sabato, dalle 18.30, al Bruno di Trento, Di questo libro abbiamo parlato con Dello Iacovo, da anni al fianco del gruppo come manager e che sta anche lavorando alla raccolta di racconti «Altrove e una lepre di pezza».


Rosario, hai definito questo libro dedicato ai 99 come una «biografia atipica»: come mai?
«Atipica perché non segue i canoni delle biografie classiche dei gruppi musicali. La mia è più una raccolta di racconti che gravitano attorno ai 99 Posse. Racconti che riguardano i singoli membri del gruppo ma anche il mondo e la realtà in cui sono cresciuti e ancora oggi costruiscono le loro esperienze. Poi è atipica anche sul piano della scelta narrativa con un racconto in prima persona e i 99 Posse compaiono solo nel quarto capitolo con la figura di Luca, Zulù, sedicenne prima che nascesse il gruppo stesso. Quello che volevo era anche scrivere un libro che potesse essere letto anche da cui non conosce i 99 Posse».


Quale Napoli ne esce?
«La mia Napoli è sicuramente diversa dalla rappresentazione oleografica che si fa abitualmente di questa città. Quella stereotipata di Vesuvio, pizza e sfogliatella per capirci. Ma allo stesso tempo è diversa anche da quella della narrazione fatta da Saviano altrettanto appiattita sullo stilema camorristico. Io credo esista ancora un'altra Napoli, quella erede del movimento operaio, di certi ideali che anche i 99 Posse hanno sempre provato a raccontare nelle loro canzoni. Una Napoli fatta anche di associazioni impegnate nella vita civile, di persone che non si arrendono».


Qual è la forza allora di quei ragazzi che hanno dato vita all'avventura 99 Posse?
«Quella di essere dei musicisti bravi e creativi altrimenti non sarebbero stati sulla cresta dell'onda per più di vent'anni. Basti dire che la versione 2.0 del loro primo disco "Curre curre guaglió" è arrivato al secondo posto dei dischi più venduti in Italia. Sono anche delle persone vere e dirette, nel bene e nel male, di quelle che non le mandano mai a dire. I 99 Posse hanno fatto anche delle scelte eretiche nella loro carriera ma le hanno sempre fatte a viso aperto».


Un nome il loro che si ispira al centro sociale Officina 99. Quale importanza hanno questi luoghi in un contesto difficile come quello napoletano?
«Oggi a Napoli ci sono diversi posti occupati e autogestiti. Molti di più rispetto appunto ai tempi dell'Officina. e sono un pezzo importante di quella Napoli che non fa parte di quelle rappresentazioni di cui dicevo prima. Sono luoghi di elaborazione culturale dove si fa cultura, ci si confronta, si guarda al mondo per andare, appunto oltre al trinomio, camorra, pizza e mandolino».


La cosa più curiosa che neppure tu conoscevi sui 99 Posse?
«Ce ne sono tante, però non ricordavo più l'offerta faraonica, da loro rifiutata, che una quindicina di anni fa arrivò ai ragazzi da parte di una nota marca di gelati. Il loro brano "Quello che" era stato scelto come colonna sonora di uno spot tormentone estivo».

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