Provincia / Il caso

Aumento per i dirigenti provinciali, stipendi fino a 240 mila euro, sale la protesta

Duro attacco dei sindacalisti Cgil, Cisl e Uil e del Pd trentino, ma Fugatti e Spinelli tirano dritto e non commentano

TRENTO. «Se venisse confermata la scelta di aumenti così significativi delle retribuzioni lorde dei dirigenti delle società di sistema controllate dalla Provincia, saremmo di fronte ad una scelta non solo inopportuna, ma anche incomprensibile». Agli occhi dei segretari generali di Cgil, Cisl e Uil del Trentino l'indiscrezione pubblicata ieri da l'Adige appare «priva di qualsiasi fondamento razionale».

In una riunione ristretta, il dirigente generale della Provincia, Raffaele De Col, ha prospettato l'adeguamento dei compensi dei manager alla guida delle società di sistema della Provincia (Itea, Patrimonio del Trentino, Cassa del Trentino, Trentino Trasporti, Trentino Digitale, Trentino school of management, Trentino Riscossioni e Trentino Sviluppo): via il limite dei 155 mila euro annui, fissato nel 2010 e confermato dalla giunta Rossi nel 2018, comprensivo di indennità e premio di risultato, per arrivare a 240 mila euro, tetto imposto dalla "Legge Madia" (Testo unico sulle società partecipate) nel 2016.

«Crediamo che all'interno del contratto della dirigenza pubblica della Provincia, ci siano già livelli retributivi adeguati e non si comprende qual è la ragione per cui il dirigente di una controllata, che è comunque una società pubblica, debba avere un così ampio gap con il dirigente delle strutture provinciali che magari ha diretto fino a poco tempo prima. Vanno semmai mantenute agganciate ai valori attuali delle retribuzioni dei dirigenti senza immaginare differenziali anche di 100 mila euro lordi in un anno toccando la cifra di 240 mila euro annui», dicono Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti sottolineando nel contempo che la struttura provinciale ha una classe dirigente ampia e ben formata: «Certamente già all'interno di queste figure professionali ci sono dirigenti che possono guidare le controllate, con retribuzioni coerenti alle responsabilità e alle competenze».

Per i tre segretari di Cgil, Cisl e Uil, in tempi in cui il Trentino deve affrontare un'emergenza salariale che colpisce sia i dipendenti del privato sia quelli del pubblico, il cui anticipo di rinnovo contrattuale è ancora lontano dal recupero del potere d'acquisto eroso dall'inflazione, scelte di questo tipo sarebbero inaccettabili.«Si pensi piuttosto a rendere immediatamente esigibili gli accordi: mettere i soldi dell'anticipazione contrattuale nelle tasche dei lavoratori tempestivamente, trovare ulteriori risorse per il triennio migliorando attrattività, come scritto nero su bianco nel protocollo, e adeguare il valore del buono pasto, in questo senso ora che c'è il via libera della Corte dei conti» commenta Giuseppe Pallanch, segretario generale della Cisl Fp (funzione pubblica). «Sono solo alcune delle azioni che ci aspettiamo subito e che il presidente Fugatti ha sottoscritto con i sindacati firmatari e che possono rendere attrattivo il lavoro nel settore pubblico». Pallach esemplica: «Va reso attrattivo anche il lavoro di usciere, nel sistema pubblico, non solo quello di manager». E sull'alzare il tetto ai livelli della "Legge Madia", il segretario della Cisl, osserva: «L'ipotesi appare decisamente perniciosa e in contrasto con le attuali normative nazionali. È tempo di valorizzare e riconoscere il lavoro quotidiano del personale in prima linea, invece di voler ritoccare i tetti massimi stipendiali di una piccola élite di manager ».

Cisl Fp ritorna a ribadire la necessità di proseguire sulla strada indicata nel protocollo d'intesa firmato e confermato l'anno scorso. «Le lavoratrici e i lavoratori aspettano ancora tante risposte. Deregolamentare gli stipendi dei manager delle collegate e delle aziende di sistema crea un'ulteriore disparità. Sono decisioni - dice Pallanch - che allontanano i cittadini dalla politica, che già ha trovato tempo e risorse per aumentarsi le indennità. Non si cada nell'ennesimo errore di accontentare una parte e dimenticarsi di chi lavora ogni giorno e che con le nuove norme pensionistiche non avrà garantito dopo una vita di lavoro una pensione dignitosa».

Ci sarebbe da capire la ratio della decisione, per ora solo valutata a livello di vertice, di portare da 155 mila a 240 mila il compenso annuo dei dirigenti delle società pubbliche. Ma dai primi protagonisti, il presidente della Provincia, Maurizio Fugatti, il direttore generale, Raffaele De Col, e l’assessore allo sviluppo economico, che ha competenza sulle partecipate, Achille Spinelli, la risposta è: «no comment».

Che la ritrosia nel fornire spiegazioni sia preludio ad una marcia indietro non è dato sapere. Il sindaco di Arco, Alessandro Betta, appena letto l’Adige, ieri mattina, ha incalzato l’assemblea del suo partito, il Pd: «Su questo tema ci vorrebbe una presa di posizione. La vecchia Lega ci avrebbe fatto (giustamente) a pezzi. Un po’ di sobrietà, stiamo parlando di valori che il pubblico non dovrebbe avvallare». Una pressa di posizione ufficiale è poi arrivata: «Il gruppo consiliare del Partito democratico del Trentino, alla luce della notizia apparsa oggi su un quotidiano locale che dà conto della volontà della Giunta provinciale di adeguare i compensi al rialzo dei dirigenti delle Società partecipate della Provincia, sino ad un massimale di 240 mila euro, si chiede se sia una scelta opportuna rispetto, ad esempio, ad aumenti rivolti al pubblico impiego del 6,31% che coprono poco più di un terzo la media dell’inflazione e ad una mancata corresponsione degli arretrati». I consiglieri e le consigliere del Pd ritengono sia «prioritario elevare il potere di acquisto per le fasce più deboli prima di prevedere aumenti così cospicui alle fasce più alte come i dirigenti, questo senza nulla togliere all’importanza del loro lavoro e delle loro responsabilità». Il capogruppo, Alessio Manica (nella foto), aggiunge: «Il tetto di 240 mila euro è già molto alto per il sistema pubblico. Tuttavia, Maurizio Fugatti, in consiglio regionale, si era già esposto per una deroga a favore di amministratore delegato e direttore generale di Autobrennero. E se non possiamo elidere il problema della capacità di attrazione di aziende di altre regioni di più grandi dimensioni, nemmeno si può aumentare la distanza rispetto alle retribuzioni dei cittadini». E quindi? «I 155 mila euro» risponde Manica «sono già un livello alto, lo si può aggiornare leggermente. Ma portare i compensi a 240 mila euro è un errore. Non li si può paragonare ai 174 mila euro del presidente della Provincia che, lo dico da consigliere di opposizione, ha un carico di responsabilità enorme».

A proposito di incrementi di stipendio, la consigliera del Pd, Lucia Maestri, chiede conto a Fugatti e alla giunta anche dell’«aumento considerevole degli emolumenti dei propri capi di gabinetto, fino ad un livello massimo, per il responsabile della segreteria del presidente della Provincia, pari a 97.500 euro lordi annui». Un incremento del 50%, osserva Maestri, arrivato mentre si è «in attesa degli aumenti relativi al rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici».

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