Contadini/ Comune

Non rubavano l'acqua al Comune per irrigare le fragole, due agricoltori di Piné assolti

Una perizia sulle tubature li fa assolvere, l’amministrazione voleva oltre 200 mila euro per l’utenza dal 2015 al 2020. Acqua usata per le aziende agricole a costo zero, secondo l'accusa, con conseguenze e disagi anche per i residenti

di Marica Viganò

TRENTO. Non era rubata al Comune l'acqua utilizzata da due agricoltori per irrigare i campi di fragole. Il giudice Rocco Valeggia ha assolto i due imputati, accusati di aver sottratto a partire dagli anni Novanta «ingenti quantitativi di acqua dalla condotta pubblica senza pagarne il prezzo», attraverso «condotte abusive di captazione dell'acqua pubblica collegate all'acquedotto di Baselga di Piné».

Ai due agricoltori era stato contestato un prelievo abusivo pari a 218.406,90 euro in cinque anni, dal 2015 al 2020. Acqua usata per le aziende agricole a costo zero, secondo l'accusa, con conseguenze e disagi anche per i residenti: era successo diverse volte, soprattutto in estate, che il Comune (parte offesa nel procedimento) dovesse intervenire con urgenza con le autobotti per reintegrare le scorte d'acqua nella zona.

Alla contestazione penale si era aggiunto anche il conto presentato dal Comune di Baselga di Piné che, con un accertamento esecutivo, aveva calcolato i canoni non pagati: per un imprenditore una cartella da 70mila euro e per l'altro da 40 mila euro, per un totale di 110mila euro.

Ma i due imputati, assistiti dagli avvocati Marco Vernillo e Antonio Saracino, hanno sempre negato di aver utilizzato acqua pubblica per le proprie azienda agricole. Ieri, in primo grado, si sono visti riconoscere la loro estraneità ai fatti: a 4 anni dalle contestazioni (l'indagine dei carabinieri si era chiusa nell'estate 2020) sono stati assolti perché il fatto non sussiste.

La procura aveva chiesto 2 anni e 400 euro di multa.

Dalla relazione dell'ingegnere Carlo Tagliaro, incaricato dalle difese di una consulenza tecnica extraperitale, era emerso che le acque dei pozzi, della derivazione superficiale e dell'acquedotto comunale avevano diverse caratteristiche chimiche, dunque arrivavano da tubi diversi, e che i consumi elettrici delle due aziende non erano variati negli anni, neppure dall'agosto 2020 quando erano stati eliminati i presunti approvvigionamenti non autorizzati dalla rete dell'acquedotto.

Secondo il perito «gli eventuali consumi non congrui che potrebbero risultare all'ente gestore forse sarebbero da imputare alle perdite sulle tratte di tubazioni definite dal regolamento "impianto esterno"».

Tratte che non essendo sotto contatore - si legge nella perizia - risultano impossibili da controllare, se non in casi evidenti come risalite in superficie dell'acqua o perdite importanti sulla portata e pressioni ai rubinetti a valle del contatore.

I carabinieri erano intervenuti dopo la segnalazione di anomali svuotamenti del serbatoio nei pressi di Molina. Nel corso delle verifiche era stato individuato un "raccordo a forma di T", considerato prova del furto. Ipotesi che gli avvocati Vernillo e Saracino avevano subito contestato, evidenziando che il raccordo era «inoppugnabilmente chiuso», ossidato, al punto che i militari non riuscendo ad aprire la serranda dovettero tagliare il tubo per proseguire nelle prove con la fluoresceina, ossia con la sostanza tracciante immessa nelle tubature dell'acquedotto per verificare dove passa l'acqua. Inoltre in quel raccordo l'acqua comunale non sarebbe riuscita ad immettersi, avendo una pressione inferiore a quella dell'impianto dei due agricoltori.

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