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Il monito di Dellai: «Il Trentino a rischio deragliamento»

L'ex presidente della Provincia si confessa in un nuovo volume e traccia il senso della "Comunità autonoma". «Ho scritto questo libro perché sono preoccupato per come vanno le cose, è un contributo di riflessione da parte di chi ha fatto un percorso, pur con degli errori...»

di Luisa Maria Patruno

TRENTO. Non è un libro autocelebrativo, piuttosto è una dichiarazione d'amore per il Trentino e il suo essere terra "speciale", in quanto «Comunità autonoma», definizione il cui senso viene spiegato chiaramente - con molti riferimenti storici e politici - a chi non ne ha memoria o conoscenza, nelle 136 pagine scritte di getto da Lorenzo Dellai nel corso dell'estate. Un testo completato da tre approfondimenti offerti da Gianfranco Postal (sul futuro dell'Autonomia), e dai professori Enrico Zaninotto e Antonio Schizzerotto, che ripercorrono rispettivamente l'esperienza del Comitato per lo Sviluppo e quella delle politiche per l'equità sociale (come il reddito di garanzia, poi soppiantato dall'omologazione al reddito di cittadinanza statale ora abolito) messi in campo durante la presidenza Dellai della Provincia di Trento (1999-2012).

Non è neanche un libro elettorale - o strettamente elettorale - perché Dellai non è tra i candidati alle elezioni del 22 ottobre, ma è senz'altro oggi fra i trentini più in ansia per il futuro di questo territorio. Come traspare da ogni pagina di «Essere Comunità autonoma» (Editore ViTrenD) in vendida da questa settimana.

E lui stesso rivela: «Ho scritto questo libro perché sono preoccupato per come vanno le cose, è un contributo di riflessione da parte di chi ha fatto un percorso, pur con degli errori, e vede che si sta deragliando, ma la reazione al deragliamento è meno intensa di quanto ci si potesse aspettare». È un messaggio che l'ex presidente della Provincia rivolge dunque prima di tutto a quella parte politica che ha condiviso e condivide i valori che hanno segnato gli anni della sua esperienza politica dal 1990, quando a trent'anni divenne sindaco di Trento, fino al 2018, quando concluse la sua esperienza parlamentare.È un messaggio che l'ex presidente della Provincia rivolge dunque prima di tutto a quella parte politica che ha condiviso e condivide i valori che hanno segnato gli anni della sua esperienza politica dal 1990, quando a trent'anni divenne sindaco di Trento, fino al 2018, quando concluse la sua esperienza parlamentare.

L'appello è chiaro nel capitolo finale sul «Laboratorio politico trentino» in cui ripercorre l'esperienza della Margherita Trentina, dell'Upt fino all'attuale proposta politica di Campobase («Di chi ha tradito andando a Destra non voglio parlare: rispetto gli elettori che cambiano nel tempo la loro espressione di voto, rispetto meno le transumanze repentine delle nomenclature politiche»). Ma rievoca anche «l'Ulivo delle origini, che in Trentino avevamo costruito ante litteram ed era qualcosa di più di una semplice coalizione elettorale e molto meno di un Partito Unico. Era un'esperienza di comunità politica plurale». E a chi gli rimprovera tutt'oggi di non aver costruito una successione risponde: «Un leader politico pro tempore non è un imperatore che può "abdicare" a favore dei suoi successori». E comunque dice di non sapere ancora perché «Alberto Pacher fece il gran rifiuto».

Oggi Dellai si augura che l'Alleanza democratica e autonomista per Francesco Valduga presidente «possa essere qualcosa che assomiglia allo spirito di quella esperienza». È noto che l'ex presidente della Provincia non ha mai condiviso la nascita del Pd, dal suo punto di vista una fusione a freddo tra le due tradizioni politiche socialista e popolare; e proprio al «popolarismo», di cui si sente figlio, dedica un altro capitolo incentrato sulla figura dello statista trentino Alcide Degasperi.

Sul quadro politico attuale Dellai scrive: «Certo ci sono i "venti" del tempo, che oggi pare tirino verso Destra. Ma non possono essere i venti a decidere la rotta di chi va per mare. Il Trentino è una piccola barchetta nel grande mare di queste trasformazioni globali, ma deve avere l'ambizione - che sempre ha avuto - di decidere la sua rotta, in libertà e autonomia. Anche politica». Ed esorta gli attuali leader del centrosinistra (leggi Valduga in primis): «I capitani devono però tracciarla questa rotta e condividerla con tutti quelli che partecipano al viaggio; dimostrare di essere più che convinti, senza arroganza, ma anche senza titubanza e comunicare il "senso" del viaggio e le mete da raggiungere. Devono convincere, soprattutto, che seguire una buona rotta, benché difficile e faticosa, è sempre più sicuro che affidarsi al vento che tira. Il vento non vede gli scogli, il buon capitano sì».

Ma al di là della politica, che per Dellai resta fondamentale perché «senza buona politica l'Autonomia è un motore senza energia», nel libro ricorda le decisioni principali e i risultati della sua esperienza alla guida della Provincia (tra cui la mega manovra anticongiunturale per affrontare la crisi del 2008, l'Accordo di Milano con il governo Berlusconi e le nuove competenze tra cui l'Università, e poi le Comunità di valle, lo stop alle seconde case, il rafforzamento dei rapporti con Bolzano e Innsbruck con il Gect dell'Euregio).

Il cuore del libro è però il senso dell'Autonomia per il Trentino ed è interessante il capitolo in cui Dellai propone di «riscoprire chi siamo» guardandoci da fuori. Ricorda gli antichi intrecci della storia con Praga (da qui deriva l'Aquila di San Venceslao); naturalmente Vienna e l'impero austroungarico, poi Innsbruck capitale del Tirolo storico, che comprendeva il Trentino; Parigi (accordo Degasperi-Gruber), Castel Firmiano del Los von Trient; ma anche il Chaco dell'emigrazione trentina e il Mozambico della cooperazione allo sviluppo o l'Aquila, simbolo del Trentino che corre in aiuto nelle emergenze. Infine, la Barbiana di don Lorenzo Milani, da sempre punto di riferimento della vita politica e personale di Dellai.

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