Giustizia / Il caso

Aiuta l’anziano con i Bitcoin, a processo per circonvenzione d’incapace

Un anno e quattro mesi è stata la pena decisa dal giudice in abbreviato, nel marzo dello scorso anno, ma la Corte d'Appello ora ha ribaltato la sentenza: l'esperto di computer è stato assolto con formula piena, perché il fatto non sussiste

TRENTO. Un ottantenne incuriosito dalle criptovalute e un esperto di computer disposto ad aiutarlo nelle operazioni online. Sono i protagonisti del procedimento che si è concluso con la condanna del secondo per circonvenzione di incapace, dando per scontato che il pensionato fosse stato condizionato nella decisione di investire nella moneta virtuale. A chi ha condotto le indagini forse sembrava strano che una persona avanti con l'età potesse tenersi aggiornata sulle novità del settore finanziario.

Un anno e quattro mesi è stata la pena decisa dal giudice in abbreviato, nel marzo dello scorso anno, ma la Corte d'Appello ora ha ribaltato la sentenza: l'esperto di computer è stato assolto con formula piena, perché il fatto non sussiste. Come ha sostenuto l'avvocata Erica Vicentini, legale dell'imputato, non c'è alcuna prova che l'ottantenne sia incapace di gestirsi. Il pensionato, che comunque non ha perso nulla del suo denaro dato che l'investimento non si è concluso, non si è neppure costituito parte civile nel procedimento.

L'uomo aveva conosciuto l'esperto di computer, un cinquantenne trentino che si occupa della vendita di prodotti tecnologici, in occasione dell'acquisto di un pc e di uno smartphone. Sarebbe stato l'anziano ad invitare il venditore a casa per aiutarlo a risolvere un problema con il cellulare. I due avrebbero iniziato a parlare in quell'occasione di criptovalute, di Bitcoin e in particolare della moneta virtuale Ether, e il pensionato, entusiasta di questa nuova possibilità di investimento, si sarebbe affidato all'esperto. Nel capo di imputazione si legge che il cinquantenne «lo induceva a disporre a suo favore tre bonifici di 5.000 euro, l'app della banca, scrivendogli a penna su un foglietto le istruzioni per fare le operazioni».

Tutto ciò, secondo l'accusa, «allo scopo di trarne un ingiusto profitto, abusando del decadimento» del pensionato. A preoccuparsi di questi soldi in uscita dal conto corrente era stata la figlia dell'ottantenne, che si era rivolta ai carabinieri. Questi ultimi, "appostandosi" a casa dell'anziano in occasione di uno degli incontri per l'investimento, avevano colto sul fatto l'esperto di computer. Il processo aveva dunque portato alla condanna del cinquantenne, che per un periodo aveva il divieto di avvicinamento al pensionato.

Per la difesa, che ha impugnato la sentenza, il capo di imputazione è «frutto di un fraintendimento». Innanzitutto l'imputato non era solo un venditore, ma una persona conosciuta dalla compagna dell'ottantenne. Inoltre la presunta vittima non è totalmente inesperta in ambito finanziario: il pensionato ha sempre operato investimenti in autonomia «senza che nessuno ipotizzasse una sua minorata capacità di autodeterminazione», neppure quando è andato in banca, ha chiesto il ripristino del servizio di home banking e manifestato l'intenzione di disinvestire 60mila euro (c'è la testimonianza di un'operatrice allo sportello).

Sempre l'avvocata Vicentini ha evidenziato che il pensionato non è mai stato sentito e non ha mai sporto denuncia-querela, e che non si è svolto alcun accertamento sulle sue capacità di intendere e di volere. Inoltre non ha un tutore o un amministratore di sostegno ed è titolare di vari investimenti bancari e finanziari che gestisce in totale autonomia. «Peraltro - rileva l'avvocata - è fatto notorio che gli investimenti in criptovalute come Ethereum siano da tempo costantemente in crescita, risultando profittevoli e, quindi, possano rappresentare una buona scelta, seppur alternativa rispetto alla finanza tradizionale».

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