Famiglia / Lo studio

In regione cala il numero dei papà che scelgono il congedo parentale per stare con i figli

Prima della pandemia la tendenza era invece al progressivo aumento di quanti sceglievano la pausa facoltativa dal lavoro: si era arrivati al 28%, ma nel 2021 la quota è di nuovo scesa al 24,4%

INDAGINE Maternità in Italia e mamme "equilibriste" per conciliare lavoro e famiglia
DISEGUALI Donne italiane al top nel lavoro a casa, i partner non aiutano
L'ESPERTA «Per una donna, in Italia fare famiglia mette a rischio la carriera»

TRENTO. Non decollano in Trentino Alto Adige i congedi parentali paterni: lo rilevano, in occasione della Festa del Papà, l'Istituto promozione lavoratori e la Commissione per le pari opportunità della Provincia di Bolzano.

"I dati pre-pandemia - spiega una nota - mostrano una lenta ma costante crescita dei padri che usufruiscono di un'aspettativa facoltativa dal lavoro. La prolungata chiusura delle scuole e dei servizi all'infanzia nella primavera 2020 e le riaperture a singhiozzo dallo scorso autunno hanno fatto pensare ad un cambio di paradigma per quanto concerne i congedi dei padri, ma così non è stato".

Nel 2021 sono stati oltre 4.700 i padri lavoratori dipendenti del settore privato, residenti in regione, che hanno usufruito del congedo obbligatorio di paternità, un numero in netto aumento rispetto agli anni passati. 

Diversa la situazione sul fronte dei congedi facoltativi. Dal 2009 al 2020, il numero di padri beneficiari di un congedo parentale in regione è risultato in lento ma costante aumento. I padri in congedo facoltativo erano passati dal 10,6% al 28,0% del totale dei beneficiari, ma nel 2021 la quota è di nuovo diminuita al 24,4%. 

Inoltre, i congedi dei padri continuano ad essere più brevi rispetto a quelli delle madri e non accennano a crescere in misura significativa. Nel 2021 il congedo durava, in media, 83 giorni se a prenderlo era la madre e 35 giorni se a prenderlo era il padre. 

"La durata del congedo facoltativo dei padri si aggira dunque attorno ai 30 giorni, che è proprio la durata limite per la retribuzione al 100% secondo alcuni contratti collettivi nazionali di lavoro, segno questo che il mantenimento della retribuzione piena risulta essere decisivo per questo tipo di scelta", osserva la ricercatrice Ipl, Maria Elena Iarossi.

comments powered by Disqus