Trento / Il caso

Anziana posta sotto tutela da alcuni dei figli fa causa, dimostra di essere autonoma e torna "libera"

Essere avanti con l'età non significa non spaer più gestire la propria vita: la donna ha dimostrato che a 94 si può godere di buona forma psicofisica e prendersi cura di sé. Ha vinto il ricorso in Corte d'appello contro la decisione del giudice che le aveva assegnato un amministratore di sostegno (non poteva più decidere per sé e neanche accedere al conto corrente). L'avvocato che ha seguito la causa, Alexander Schuster, commenta: «Nel nostro reclamo ci siamo opposti anche al pregiudizio che invecchiare significhi automaticamente perdere volontà e capacità di discernimento, non è così...»

TRENTO. Essere anziani non significa non essere più in grado di gestire la propria vita: lo sa bene un'anziana trentina che, nonostante i figli le avessero imposto un amministratore di sostegno, alla bella età di 94 anni ha contestato la decisione del giudice tutelare, è andata in causa e ha vinto.

«L'istituto dell'amministratore di sostegno, ads, può essere considerato quasi un paradosso - spiega l'avvocato Alexander Schuster che ha patrocinato la donna - perché significa chiamare "beneficiario" qualcuno a cui, di punto in bianco vengono tolti i diritti civili; ma è comunque un istituto che funziona. E il fatto di avere ottenuto la revoca con effetto immediato, conferma che i margini per correggere gli errori umani ci sono. Certo, va usato con attenzione, altrimenti il "beneficiario" rischia di diventare "vittima" delle circostanze e dei litigi familiari».

La vicenda inizia nel giugno dell'anno scorso quando all'anziana, che nonostante la venerabile età è completamente indipendente, viene comunicato che le è stato assegnato un amministratore di sostegno: da quel momento la donna non può più accedere al proprio conto corrente neanche per le spese quotidiane, né può decidere della propria salute o di chi entra a casa sua per assisterla. È l'effetto di un provvedimento disposto dal giudice tutelare, chiamato in causa da alcuni dei suoi figli ancora nell'aprile precedente, e di cui la signora era totalmente all'oscuro. Nel decreto, il giudice non solo fissa un'udienza al settembre successivo per l'audizione della signora, ma dispone la nomina immediata dell'amministratore che prende in mano la situazione. Le cose vanno avanti, nonostante le inevitabili tensioni tra i figli che hanno voluto l'amministratore ed il figlio che invece le dà una mano e che vive nell'appartamentino a fianco di quello della madre. Arriva l'autunno e il giorno dell'audizione: la signora si presenta in aula, risponde correttamente a quasi tutte le domande e, quando le viene chiesto chi vorrebbe nominare come amministratore, indica il figlio che abita vicino a lei e con cui ha più consuetudine, sottolineando che questi non avendo al momento famiglia né figli, può dedicarle più tempo.

A novembre dello scorso anno, la doccia fredda: il giudice tutelare ritiene «necessario non solo la nomina di un ads per la persona beneficiaria, ma anche di un ads esterno al contesto familiare». E questo «preso atto dell'alta conflittualità tra i figli della persona beneficiaria», come riportato nel reclamo.

«È il caso purtroppo piuttosto comune - spiega Schuster - in cui i dissapori familiari si trasformano in contese, e alla fine ci rimette chi è più fragile, ovvero l'anziano. Va inoltre notato che in questo caso siamo di fronte ad un decreto estremamente severo, in cui alla signora era stato negato persino il diritto di disporre di piccole somme per le spese personali, e che non era stata rispettata la sua volontà di scegliere un ads all'interno della famiglia, ma piuttosto un estraneo che, tra l'altro, avrebbe manifestato l'intenzione di assumere una badante a tempo pieno oppure collocare l'anziana in casa di riposo».

Passa l'inverno e alla fine la signora decide che così non va per niente bene, e che rivuole la sua libertà. L'unica strada a questo punto però è quella legale, e quindi si rivolge ad un avvocato.

«Anch'io mi sono mosso con cautela - spiega Schuster - e prima di accettare il caso ho voluto un incontro con la signora, senza la presenza di nessun figlio; sono rimasto stupito dalla lucidità della donna, della sua cultura, e consapevolezza, elementi che ha poi saputo mantenere anche nella successiva udienza in aula».

A marzo di quest'anno, viene dunque presentato alla Corte d'appello di Trento formale reclamo alla nomina dell'amministratore. E questo per tutta una serie di motivazioni giuridiche. Nel documento viene spiegato che "il decreto (di nomina dell'ads) viene impugnato per illegittimità": non si è infatti considerato che l'anziana sta più che bene, che non vuole essere amministrata, e soprattutto non vuole dipendere da una persona estranea.

Vengono prodotte le prove cliniche che la signora, laureata in una prestigiosa università, non ha alcun problema cognitivo, parla fluentemente una lingua straniera, è «persona curiosa che si dedica alla lettura, è abbonata al quotidiano l'Adige, che legge con interesse ogni giorno», e che «cura la propria persona con regolarità e attenzione».

Inoltre «quando esce di casa è sempre pulita ed elegante e veste vivaci cappelli per farsi notare quale signora che ha amore di sé», ha «un corretto e accorto uso del denaro» e «sa usare il tablet e la penna digitale dello sportello della banca».

Per quanto riguarda la famiglia, la donna rimasta vedova diversi anni fa «è stata madre accudente» e nonostante la situazione «ribadisce che il suo amore materno si rivolge in eguale misura verso tutte le persone a cui ha dato la vita e che ha accudito senza preferenza alcuna».

La documentazione presentata, nonché una nuova audizione, non lasciano spazi di manovra: ad aprile il presidente della Corte d'appello firma una sentenza in cui "in accoglimento del reclamo", «revoca il provvedimento del giudice tutelare di Trento con il quale è stata disposta la nomina di un amministratore di sostegno della stessa». Inoltre «il provvedimento è immediatamente esecutivo».

E così l'anziana ritorna felicemente padrona della sua vita e delle sue scelte. La Corte d'appello è chiara: «Appare in tutta evidenza come la signora sia perfettamente in grado di avere cognizione del mondo che la circonda, dei propri interessi e bisogni primari, rendendo una dichiarazione quanto mai lucida, precisa e con linguaggio appropriato, quindi nel pieno delle sue capacità cognitive pur nella avanzata età».

Quanto alle beghe familiari, la corte nota che «è evidente che vi siano condizioni di conflittualità tra i figli della signora, ma ciò non ha nulla a vedere con la necessità di disporre un ausilio per la stessa».

«Siamo soddisfatti. Quello cui siamo andati contro, nel nostro reclamo, è anche il pregiudizio che invecchiare significhi automaticamente perdere volontà e capacità di discernimento. Ma fortunatamente non è sempre vero», ammette l'avvocato della donna.

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