Ambiente / Economia

Suolo: Trento fa meglio di Bolzano. Nel 2021 il Trentino si è “mangiato” 38 ettari, ma nel passato...

Il rapporto dell’Ispra è impietoso: il consumo di territorio naturale è tornato a correre. I “costi nascosti” della crescente impermeabilizzazione: 8 miliardi di euro l’anno

di Domenico Sartori

TRENTO. Il consumo di suolo, in Italia, non si ferma. E lo stesso accade in Trentino e in Alto Adige, nonostante negli ultimi anni si vada registrando una frenata. E nonostante proprio il Trentino, nel 2021, abbia registrato un dato più positivo rispetto al vicino Alto Adige che, storicamente, è stato più previdente nella tutela delle risorsa suolo: 38 ettari "divorati" in Trentino, 50 sopra Salorno.

Il consumo di suolo, in Italia, non solo non rallenta, ma nel 2021 ha ripreso a correre con maggiore forza, analizza l'Ispra (l'Istituto nazionale per la protezione dell'ambiente che fa capo al Ministero della transizione ecologica) nel suo rapporto 2022, presentato nei giorni scorsi, e che fa riferimento a quanto accaduto nel 2021: superata la soglia dei 2 m2 al secondo e sfiorati i 70 km2 di nuove coperture artificiali in un anno.

Un ritmo che Ispra definisce "insostenibile". «Le conseguenze» si legge nel rapporto «sono anche economiche, e i "costi nascosti", dovuti alla crescente impermeabilizzazione e artificializzazione del suolo degli ultimi 15 anni, sono stimati in 8 miliardi di euro l'anno che potrebbero incidere in maniera significativa sulle possibilità di ripresa nel nostro Paese».

Le locomotive economiche del Nord, Lombardia e Veneto, sono quelle che nel 2021 si sono "mangiate" più suolo (+12,12% la prima, +11,90% la seconda), seguite dalla Campania (+10,49%). Il fenomeno rimane molto intenso nelle aree di pianura. Nel 2021, le nuove coperture artificiali hanno riguardato altri 69,1 km2, in media 19 ettari al giorno.

Ad essere sacrificati sono i suoli precedentemente agricoli e a vegetazione erbacea, nelle zone urbane e periurbane, in particolare dove i valori immobiliari sono più elevati. Per misurare il danno, occorre considerare i servizi ecosistemici forniti dal suolo: produzione agricola e di legname, stoccaggio di carbonio, controllo delle erosioni, impollinazione, regolazione del microclima, rimozione di particolato e ozono, disponibilità e purificazione dell'acqua, regolazione del ciclo idrologico.

Quando si prendono decisioni come quelle di sacrificare oltre 5 ettari di territorio fertile, oggi coltivato a vigneto, a Spini di Gardolo per fare spazio a nuovi capannoni produttivi, o di compromettere la piana di Masi di Cavalese per il nuovo ospedale di Fiemme, questi valori ecosistemici non dovrebbero essere dimenticati. Ispra, nel report 2022, calcola che «le aree perse in Italia dal 2012 avrebbero garantito la fornitura complessiva di 4 milioni e 150 mila quintali di prodotti agricoli e l'infiltrazione di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua di pioggia che ora, scorrendo in superficie, non sono più disponibili per la ricarica delle falde e aggravano la pericolosità idraulica dei nostri territori».

Nella "classifica" di Ispra, il Trentino Alto Adige figura tra le regioni più virtuose, con "solo" un 3,1% di incremento di suolo consumato nel 2021, molto distante dai valori di Lombardia e Veneto. Nello stesso tempo, Ispra attesta che anche in regione, nonostante gli obiettivi europei del consumo zero di suolo, il trend non si arresta.

I dati di raffronto tra Trentino e Alto Adige e tra i due territori e la situazione nazionale sono indicati nella tabella in pagina. Il Trentino parte da una situazione storica di vantaggio, che fotografa quello che l'occhio umano coglie dall'alto osservando i fondovalle delle due province: l'Alto Adige governato dalla Svp è riuscito a contenere maggiormente il consumo di suolo: 20.107 ettari in totale, rispetto ai 21.517 del Trentino. Per il raffronto, il dato più significativo è il suolo consumato pro capite, che nel 2021 risulta di 375,90 m2 per abitante in Alto Adige e di 396,87 in Trentino. Come detto, nel 2021, quest'ultimo è stato più virtuoso, con "solo" 38 ettari sacrificati e resi "artificiali" (abitazioni, infrastrutture, servizi).

Ma il dato va preso con prudenza alla luce delle scelte in corso, che riguardano soprattutto interventi infrastrutturali pubblici (si pensi alle varianti stradali in progetto e in corso di realizzazione), più che la spinta alla edificazione privata che i Prg dei Comuni cercano in qualche modo di contenere.

Rimane, tuttavia, il problema dell'enorme stock di possibile artificializzazione ulteriore del territorio contenuto negli stessi Prg dei 166 Comuni del Trentino: «Il dato di 4 mila ettari, che potrebbero ancora essere sottratti all'agricoltura e alla naturalità, si relaziona contraddittoriamente con un contesto demografico stabile, se non in calo» ha segnalato il Forum dell'Osservatorio del paesaggio con un report di cui l'Adige ha dato conto il 5 giugno scorso. L'Osservatorio del paesaggio ha lanciato un allarme che, nella sostanza, è caduto nel vuoto.

Silenti pure le organizzazioni agricole, eccetto Acli Terra che è intervenuta con il presidente Matteo Trentinaglia («rilanciamo la battaglia per il "consumo zero" di territorio al fine di ribadire la centralità dell'agricoltura e delle filiere locali in favore della sovranità alimentare della nostra comunità») e con il vicepresidente nazionale Flavio Sandri («Il Trentino non può diventare la brutta copia del Veneto con un paesaggio costellato da case e capannoni senza un ordine e una prospettiva di sostenibilità»).

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