Territorio / Il tema

Trentino, il consumo di suolo non si ferma: l'allarme dell'Osservatorio sul paesaggio

Tre casi eclatanti danno la misura di un rend che resta preoccupante: l'area San Vincenzo (Music Arena), l'ospedale di Cavalese e i vigneti da sacrificare a Spini di Gardolo

di Domenico Sartori

TRENTO. Una piccola frenata nel consumo di suolo, negli ultimi anni, c'è stata. Ma l'allarme resta. Lo dice la cronaca e lo riconosce l'Osservatorio del paesaggio trentino che da pochi giorni ha pubblicato un'analisi per segnalare le principali criticità e linee di azione in materia di consumo di suolo. Perché, appunto, l'emergenza rimane. E, accanto ai principi e alle nobili intenzioni messe su carta, ci sono i fatti, i progetti, le delibere che autorizzano, ancora, il sacrificio di nuovo territorio.

La cronaca, appunto. Bastino, su tutti, tre esempi.

Primo: l'area di San Vincenzo a Trento sud (nella foto la parte sud, immortalata la settimana scorsa) che ha ospitato il mega concerto di Vasco Rossi. In origine, agricola. Poi, destinata ad uso caserme militari. Quindi, riservata dal Prg (precedente amministrazione) a zona per attrezzature sportive e ricreative. Dopo l'abbandono del progetto di cittadella militare, Coldiretti e Acli Terra proposero di mettere a disposizione le aree per i giovani contadini, avviando progetti di agricoltura innovativa e sostenibile.

Era il 2013, e a quel punto la parte nord dei 27 ettari era già stata compromessa, trasformata dalla Provincia (proprietaria) in una spianata-discarica di inerti, per lo smarino dello scavo della galleria di Moena che non sapeva dove altro piazzare.

Tra il fiorire di ipotesi d'uso (stadio da calcio e centro commerciale, nuovo ospedale, music arena), solo una certezza: addio ad uno dei terreni più fertili del fondovalle.

Secondo esempio: la proposta di Mak Costruzioni & C., di realizzare il nuovo ospedale di Cavalese nella piana-fondovalle di Masi, in zona agricola di pregio.

Terzo: sempre da Mak Costruzioni, la richiesta, accolta dalla giunta Fugatti e benedetta dall'assessore all'ambiente e all'urbanistica, Mario Tonina, di svincolare oltre 5,2 ettari a Spini, oggi coltivati a vigneto e indicati in Prg come area produttiva di riserva, per tirare su nuovi capannoni industriali. Qui, serve che si pronunci il Comune, lo stesso che fin qui ha mostrato di subire come dati di fatto le scelte della Provincia per l'area di San Vincenzo. In questo contesto arriva l'analisi dell'Osservatorio del paesaggio che a fine anno produrrà il nuovo rapporto sul consumo di suolo in Trentino. Un gruppo di lavoro (Forum) ha sviluppato, tra marzo e aprile, una riflessione a partire dagli obiettivi internazionali di riduzione/azzeramento del consumo di suolo indicati dall'Agenda 2030 dell'Onu e dalla "Tabella di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse", fatta propria - su carta, appunto - dalla legge urbanistica provinciale 15 del 2015 approvata con l'obiettivo del «recupero degli insediamenti esistenti al fine di riqualificare il paesaggio e di limitare il consumo di suolo».

Il Forum dell'Osservatorio diretto dall'architetto Giorgio Tecilla, fotografa gli «elementi di criticità» prima di tutto a partire dai trend in corso. Che non segnalano «tendenze significative di riduzione. Le più recenti rilevazioni del consumo di suolo relative all'anno 2021 mostrano un'ulteriore tendenza all'incremento del fenomeno che si pone in contrasto con gli obiettivi programmatici a livello internazionale e provinciale».

Alcuni dati sono illuminanti. «Il trend espansivo» annota il Forum «è testimoniato dalla triplicazione dei suoli insediati registrata dagli anno '60 ad oggi. Nel 2019 l'estensione dei suoli fortemente antropizzati della provincia ha raggiunto un valore superiore ai 21.500 ettari, pari al 3,48% dell'intera superficie territoriale del Trentino. Per ogni residente si registrano oggi circa 400 m2 di aree fortemente antropizzate».

Ed è lo stesso Rapporto annuale sul consumo di suolo di Snpa/Ispra che attesta «il continuo incremento del suolo artificializzato in Trentino anche relativamente agli anni più recenti».L'incremento, rileva il Forum, «avviene ancor oggi principalmente a danno delle aree agricole più fertili, localizzate nei fondovalle». Anche qui parlano i numeri. I Prg dei Comuni trentini hanno in pancia previsioni di ulteriori espansioni delle aree fortemente antropizzate, «pari ad un loro potenziale incremento del 20%».

E «le opere pubbliche e di pubblico interesse (le music arene come i nuovi ospedali, ndr) sono allo stato attuale la fonte principale di consumo di suolo e la loro programmazione non pare essere orientata all'obiettivo del contrasto del fenomeno».

Il paradosso è che la Provincia, da cui dipende l'Osservatorio, denuncia se stessa: «I casi relativi ad alcune recenti iniziative in fase di realizzazione di programmazione in campo viabilistico, dei servizi e del tempo libero testimoniano in modo eloquente come l'obiettivo della riduzione/annullamento del consumo di suolo non sia concretamente perseguito».

Due criticità sono evidenti. Da un lato, «non è culturalmente acquisita la percezione della rilevanza del tema e del suo valore strategico dal punto di vista ecologico, paesaggistico e delle produzione alimentari. In particolare quest'ultimo elemento di criticità» segnala l'Osservatorio «pare essere oggi ancora più rilevante, alla luce della possibile crisi degli approvvigionamenti connessa alla situazione internazionale».

Dall'altro, in base alla previsione dei Prg, «il dato di 4.000 ettari, che potrebbero ancora essere sottratti all'agricoltura e alla naturalità, si relaziona contraddittoriamente con un contesto demografico stabile, se non in calo».

E se i Prg tentano di contenere la spinta privata-residenziale, oggi a prevalere nel consumo di territorio sono le scelte pubbliche legate a viabilità e servizi di scala territoriale.

C'è anche il tema della scarsa sostenibilità delle pratiche di riuso edilizio e insediativo. «Gli auspicabili obiettivi dell'efficientamento energetico, del riuso edilizio e dei suoli già compromessi» considera il Forum dell'Osservatorio «non sono ancora ispirati da una visione generale tale da assicurare una gestione efficace dei notevoli profili di complessità connessi alla trattazione di questi temi».

«La cosa più semplice da fare, è comprensibile» commenta l'architetto Tecilla «è prendere un'area di riserva e renderla libera (il riferimento è al caso di Spini, ndr). Più complesso è entrare nei meccanismi per pianificare aree già costruite e sottoutilizzate. Ci sono aree produttive inutilizzate su cui intendiamo aprire una riflessione. Si potrebbe rendere più vantaggioso utilizzare aree già urbanizzate e più svantaggioso tenere aree sottoutilizzate. A Rovereto, negli anni del boom industriale, un ettaro dava occupazione a 70-80 persone, negli ultimi anni il numero è sceso a 20. Manca un dato preciso a livello provinciale, ci stiamo lavorando».

Quanto alla spinta sulle energie rinnovabili, l'Osservatorio avverte: ok alla installazione di impianti fotovoltaici sulle coperture di edifici industriali e artigianali e in aree già compromesse, «senza creare situazioni di conflitto con la valorizzazione del paesaggio, dei centri storici e della ruralità».

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