Guerra / L'intervista

Nesi: «Sì al processo a Putin, ma la Russia non va umiliata»

Invasione dell'Ucraina, parla il giurista dell'Università di Trento: «La priorità spetta ai negoziati. Serve l'esercito europeo: i soldi per la difesa vanno spesi meglio»

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di Paolo Micheletto

TRENTO. Professor Giuseppe Nesi: si potrà arrivare a dichiarare Putin un criminale di guerra?

Le indagini sono già state avviate dal procuratore della Corte penale internazionale, Karim Khan, secondo le procedure dello Statuto di Roma, sulla base - per la prima volta - della richiesta di 41 Stati.

E quindi come si prosegue?

Sarà il procuratore, sulla base degli elementi raccolti, a stabilire se si configurano crimini di guerra, crimini contro l'umanità o altro, e a procedere di conseguenza.

La Corte penale internazionale ha quindi competenza.

Sì, anche se né la Russia né l'Ucraina sono parti dello Statuto di Roma. L'Ucraina, però, già dal 2015 ha chiesto che la Corte svolgesse indagini sull'eventuale commissione di crimini internazionali, in riferimento ai fatti di Crimea.

Sembra difficile negare che siano stati commessi crimini di guerra.

Per quello che è dato vedere sono stati commessi crimini di guerra, che potrebbero addirittura configurarsi come crimini contro l'umanità. Se l'indagine proseguirà, e la spinta in questo senso è molto forte, io credo che il procuratore chiederà l'incriminazione di coloro che saranno ritenuti i responsabili di quanto sta accadendo.

Si potrà arrivare a Putin?

Non è da escludere, certo. È successo ad esempio con il presidente del Sudan, al-Bashir. Per avviare il processo è tuttavia necessario che gli incriminati siano presenti all'Aja, sede della Corte.

Chi dovrebbe fare gli arresti?

Bella domanda. Ricordo però che sembrava impossibile che Milosevic arrivasse all'Aja, dopo essere stato catturato dai suoi stessi ufficiali. Invece al processo è arrivato, anche se è morto prima della sentenza. È realisticamente difficile pensare che, se fosse incriminato, Putin si consegnerà o verrà consegnato alla Corte penale internazionale.

L'invasione dell'Ucraina da parte della Russia è una sconfitta soprattutto per chi?

Credo che sia una sconfitta innanzitutto per chi l'ha posta in essere: si tratta di una grave violazione della norma fondamentale del diritto internazionale, che vieta l'uso della forza armata nei rapporti tra Stati.

Ma è anche una sconfitta per la comunità internazionale.

Certo, per lo meno perché non è riuscita a prevedere quanto accaduto. La responsabilità però è tutta sul regime della Federazione russa, su Putin e i suoi sodali. È chiaro che la vittima più evidente è la popolazione civile, che sta soffrendo come non dovrebbe, in base alle norme di diritto internazionale che invece dovrebbero proteggerla. Purtroppo vediamo che c'è un feroce accanimento nei confronti della popolazione civile, e questo è imperdonabile.

Lei come propone di procedere nell'immediato?

Bisogna provare ad arrivare al cessate il fuoco e al ritiro delle truppe russe dal territorio ucraino. Immediatamente. Questo lo si può fare solo attraverso i negoziati, che però finora non hanno portato risultati, se non quelli di soddisfare la vanità dei negoziatori. Fino ad adesso non è successo nulla di vero e il traguardo della pace è stato spostato di continuo.

Cosa serve, per dare efficacia ai negoziati?

Prima di tutto serve la volontà di entrambe le parti. E poi l'Ucraina dovrà avere delle garanzie in merito alla fine delle ostilità: mi sembra normale, per un Paese che è stato vittima di un attacco armato.

Primo punto: cessate il fuoco.

Sì. Poi un ruolo importante lo potranno avere le organizzazioni internazionali, l'Onu e l'Osce, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione internazionale.

L'Unione europea?

In questo momento non è in grado di offrire alcunché, dal punto di vista militare, tranne che non ci sia una specifica e precisa volontà - da parte degli Stati dell'Unione europea - di costituire quantomeno un contingente di peacekeepers, che dovrebbe agire sotto la direzione delle Nazioni Unite. Ma c'è un problema.

Quale, professor Nesi?

Ogni decisione in materia di mantenimento della pace deve passare per il Consiglio di sicurezza dell'Onu, nel quale la Russia ha il diritto di veto. Per questo dico che la condizione preliminare a qualsiasi coinvolgimento di organizzazioni o di Stati è che si raggiunga il cessate il fuoco e che questo preluda all'attivazione dei meccanismi - previsti dalla Carta dell'Onu - per il dispiegamento di una forza per il mantenimento della pace. Questo va fatto nel concreto, per non prendere in giro la comunità internazionale.

Ma dopo la guerra - augurandosi che la fine del conflitto non sia troppo lontana - Vladimir Putin potrà tornare a dialogare con la comunità internazionale? Potrà restare al suo posto?

Questo lasciamolo decidere ai 150 milioni di russi, che lo hanno avuto come presidente negli ultimi vent'anni. Io credo che l'idea del Regime change (Cambio di regime, ndr) sia pericolosa, perché potrebbe far sembrare che il resto del mondo utilizzi il conflitto il maniera strumentale. Altra cosa è se, dopo la guerra, il resto del mondo vorrà ripristinare rapporti "normali" con la Russia, se Putin ne sarà ancora il presidente.

Del resto, già oggi c'è chi semina dubbi.

No, nessun dubbio. Questo è un conflitto voluto e attivato dalla Federazione Russa, che ha la responsabilità anche di quello che è avvenuto dopo. Ma ripeto: saranno i russi a decidere se vorranno essere ancora rappresentati da chi li ha portati in guerra.

Come ha letto il dibattito italiano sull'aumento della spesa per le armi?

La difesa dell'Europa finora è stata garantita attraverso la partecipazione di tanti Stati alla Nato. Io dico che dove ci sono delle responsabilità ci sono anche degli oneri. E che è stata giusta la decisione del 2014 di aumentare le spese militari, se questo è indispensabile per garantire la sicurezza. Purtroppo quanto accaduto nelle ultime settimane ci ha confermato che bisogna temere l'imponderabile.Anche se ha gioco facile chi sostiene che in questo modo si tagliano gli stanziamenti per settori vitali, come la sanità. Non sono un sostenitore delle spese militari per principio, ma sono conscio che bisogna far fronte alle esigenze di difesa. E questo non significa solo fare spese in armamenti, ma anche in ricerca e in attività che spesso rappresentano veri investimenti. Dispiace togliere fondi alla sanità, alla cultura, all'istruzione, ma credo che si possa fare una cosa e l'altra. Anche perché se fossimo obbligati a pagare le spese di un'invasione militare, il costo sarebbe molto più alto.

Ma l'Europa avrà mai un sistema comune di difesa?

Io credo che ci debba essere. Questa crisi ci pone davanti alla necessità di razionalizzare la spesa militare: oggi spendiamo troppo e male. Bisogna razionalizzare e fare in modo di spendere meglio, anche con lungimiranza, perché gli investimenti in ambito militare possono dare risultati importanti pure in ambito civile.

Qual è la sua proposta?

Puntare su una struttura di difesa europea comune, che unisca i Paesi che ci vogliono stare. E tentare una difesa razionale ed efficace, anche perché la minaccia non arriva solo dalle armi, ma anche dal cyber, dalle malattie, dalle pandemie, per non parlare del terrorismo, che appare sopito ma che si risveglia facilmente in situazioni di debolezza. La difesa significa anche protezione civile, così come l'Europa ha fatto con l'ultima pandemia.

C'è chi ritiene che Putin abbia solo risposto alle "provocazioni" della Nato, invadendo l'Ucraina.

Mi sono sforzato di capire queste posizioni, di comprenderle. Ma il dato di fatto è che l'invasione dell'Ucraina l'ha fatta la Russia e non la Nato. E che anzi la Nato, a parte una promessa fatta nel 2008, non ha mai aperto le sue porte all'Ucraina. Non si può giustificare il comportamento della Federazione Russa da alcun punto di vista, a meno che non abbia le prove di un attentato alla propria sicurezza nazionale. E quelle prove non le può avere: se le avesse, le avrebbe già mostrate.

Non c'è dubbio.

Tra l'altro la Russia ha una responsabilità ulteriore: non si era mai visto l'attacco armato di un membro permanente del Consiglio di sicurezza dell'Onu contro un Paese contiguo. Mai.

Le sanzioni sono davvero efficaci contro Putin o affamano i russi e danneggiano i Paesi che le emettono?

Le sanzioni sono uno degli strumenti di politica internazionale che vengono attuate quando si vuole dimostrare condanna rispetto ai comportamenti di uno Stato. Le sanzioni - come credo stia accadendo - dovrebbero colpire i vertici dello Stato e non la popolazione civile, anche se poi naturalmente ci sono ripercussioni su quest'ultima. Credo che l'adozione di sanzioni molto serie - come quelle che sono state già decise e quelle che arriveranno a breve - possa indebolire un paese come la Russia, che ha tante materie prime ma anche il bisogno di venderle, per autofinanziarsi. Da questo punto di vista, sono efficaci. E di sicuro sono preferibili alla guerra, oltre a togliere un altro alibi.

Quale, professore Nesi?

Quello di chi sostiene che le sanzioni finora abbiano costituito uno strangolamento dell'economia russa, di fronte al quale si può reagire in ogni modo. Non è così. Finora le sanzioni sono state pesanti, forse efficaci, ma c'è bisogno di tempo.

Cosa pensa di chi sostiene che l'obiettivo ora debba essere la vittoria militare dell'Ucraina, anche grazie alle armi americane ed europee?

Io credo che sarebbe giusto moderare i toni. La vera sconfitta della Russia sarebbe non riuscire nel proprio intento e fermare l'invasione dell'Ucraina. Ma i toni bellicisti che aumentano il carico di odio non fanno bene. La saggezza degli Stati e dei governanti si vede anche nell'equilibrio. Nessuno deve avere l'obiettivo di arrivare alla disperazione della Russia.

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Giuseppe Nesi, 62 anni, insegna diritto internazionale all'Università di Trento. Dal 2012 al 2018 è stato preside della Facoltà di giurisprudenza.

Già consigliere giuridico della missionen italiana all'Onu e del presidente dell'assemblea generale delle Nazioni unite a New York, è stato eletto a far parte dell'International Law Commission dell'Onu per il periodo 2023-2027.

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