Guerra / La solidarietà

«Così abbiamo aperto la nostra casa»: mamma ucraina e i due figli ospiti di una famiglia a Trento

Una donna e i figli di 8 e 17 anni, in fuga da Leopoli, hanno trovato pronta disponibilità e ora si trovano in città, dove genitori e sei bambini condividono l'abitazione

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TRENTO. «Quando, dopo aver parlato alla mia famiglia, ho dato la disponibilità ad accogliere una famiglia ucraina in fuga dalla guerra, non mi aspettavo che sarebbe successo tutto così in fretta».

A parlare è un ingegnere ambientale di Trento, Francesco Vian Polini, che da alcuni giorni ospita una donna ucraina e i suoi due figli di 8 e 17 anni.

Francesco ha deciso di mettersi in gioco in prima persona, di fare qualcosa di concreto: dopo aver visto, con sgomento, quello che stava accadendo nel mezzo dell'Europa come conseguenza dell'invasione militare di Putin, si è messo in contatto con un'associazione che si sta occupando del popolo ucraino e ha deciso di aprire la sua casa.

«Non l'avevamo mai fatto - ammette - ma questa volta ci è venuto naturale. Certo, ci siamo riusciti anche perché mia moglie lavora part time, e capisco che in una situazione con tutti impegnati fuori casa tutto il giorno possa essere più difficile, ma alla fine si tratta di rendersi disponibili e avere fiducia. Basta soltanto mettersi un decimo nei loro panni per decidere di rendersi utili».

Fare spazio non è stato facilissimo, anche perché nella famiglia di Francesco ci sono sei figli. «Soprattutto i più piccoli - racconta - erano contenti, hanno accettato l'idea quasi con entusiasmo e si sono messi al lavoro per spostare cose e liberare una stanza. Anche se sono dei bambini, sanno cosa sta succedendo nel mondo».

É stato tutto molto rapido: il giorno dopo aver postato un messaggio, la famiglia di Francesco è stata contattata per chiedere loro di ospitare questa altra famiglia ucraina di tre persone, mamma e due figli, fuggita da Leopoli.

«Il papà - racconta - è rimasto in Ucraina: è medico ed ha voluto rimanere nel suo Paese. Questo è molto duro, è difficile pensare ad un tuo caro che si trova in pericolo, al centro di una situazione di guerra».

Francesco è rimasto molto colpito «dalla fitta rete di rapporti che queste persone hanno anche al di fuori del loro Paese» e dalla «grande amicalità verso gli Italiani». Non sa bene quanto i profughi si fermeranno a Trento, anche perché gli eventi cambiano molto velocemente, e così anche le disponibilità di alloggi presso amici e conoscenti.

«Se la parola profughi è appropriata dal punto di vista linguistico - sottolinea Francesco - va ricordato che solo pochi giorni fa queste persone vivevano esattamente come noi, lavoravano, andavano a scuola, facevano una vita perfettamente normale. É davvero tutto troppo pazzesco».

In poche ore queste persone hanno dovuto decidere se partire e mettersi in salvo o restare tra tutto quello che, solo una settimana fa, era la loro vita. In questo momento vogliono solo un posto sicuro, una stanza, un letto pulito ed una buona connessione wi -fi per restare in contatto con le persone che sono rimaste nel loro Paese.

Nella casa trentina, i tre ucraini hanno ritrovato un po' di serenità. Riprende il volontario: «La madre, che parla correntemente quattro o cinque lingue, ci tiene ad essere sempre in ordine, mentre il figlio più piccolo gioca insieme ai miei figli. Per ora non è il caso che veda le immagini di guerra e violenza trasmesse dalla televisione, ma questa dovrà essere una scelta condivisa con la madre. Per il più grande è tutto molto più complicato, ha dovuto lasciare l'università e andare via da un giorno all'altro». Fa pensare anche il fatto che, in questo momento, sono molti i ragazzi come lui che sono stati coinvolti nelle milizie armate.

Per quanto riguarda le opinioni sulla Russia e la guerra, per Francesco «dare semplicemente tutta la colpa solo a Putin è una lettura superficiale». Anche gli ospiti ucraini preferiscono non entrare nel discorso politico e preferiscono tenersi a distanza. Anche perché poi quello che conta sono i fatti concreti.

«Quello che mi colpisce - conclude Francesco - è che tutto quello che è successo avrebbe potuto capitare anche a noi: è facile dare per scontata la pace, ma purtroppo ormai queste persone stanno vivendo una realtà completamente diversa». B. G.

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