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Francesco Valduga e l’idea di Dellai: «Io ci sono, ma non parliamo di leadership, prima il progetto»

Il primo cittadino di Rovereto potrebbe essere il candidato alle prossime provinciali per battere la Lega? «Intanto faccio il sindaco. L’importante è appassionare le persone competenti alla politica. E unire città e valli» 

di Luisa Maria Patruno

TRENTO. Francesco Valduga esce allo scoperto e conferma il suo impegno per la costruzione di un nuovo progetto politico in vista delle elezioni provinciali del 2023, quello stesso progetto, anticipato nei giorni scorsi, con la sua intervista all'Adige, dall'ex presidente della Provincia Lorenzo Dellai, che a settembre potrebbe cominciare a delinearsi nelle sue forme concrete.

Francesco Valduga, medico, 49 anni, il primo sindaco che è riuscito a centrare la rielezione a Rovereto (non accadeva dal '95), nonché tra i fondatori del movimento dei sindaci civici, insieme al collega di Pergine, Roberto Oss Emer, e a molti altri, ora ritiene che sia arrivato il momento per portare «quei ragionamenti politici su confini più ampi dei singoli comuni».

E non si preclude obiettivi - anche personali - più alti.

Sindaco Valduga, dalle parole dell'ex governatore Dellai si è capito che si sta muovendo qualcosa nell'area alternativa all'attuale maggioranza guidata dalla Lega. Ci può dire cosa sta succedendo?

Intanto, mi fa piacere che ci sia assoluta condivisione nell'analisi. Da tempo io sto dicendo che è necessario rimettere assieme, sulla base di contenitori nuovi e rigenerati, le aree politiche e culturali che hanno fatto la storia del nostro territorio.

Quali aree politiche intende?

Un'area popolare, una autonomista, una liberale e certamente un'area riformista. Assieme devono dare corpo a un progetto adatto al tempo che stiamo vivendo. Queste aree politiche, per l'attitudine a lavorare insieme e all'intermediazione, sono state e possono essere ancora garanzia. Adesso noi dobbiamo cercare di privilegiare la capacità di unire piuttosto che dividere. E abbiamo una storia in Trentino che, ripresa nelle sue radici più nobili, può essere chiave per costruire futuro.

Quali dovrebbero essere le caratteristiche di questa alleanza?

Io immagino che la rigenerazione debba passare da un'alleanza, che sia marcatamente originale di questo territorio. Un po' perché l'autonomia ci chiama a questa capacità di originalità e un po' perché c'è la necessità di ripartire dalla prossimità, dalle persone, per ricostruire la capacità dell'intermediazione che deve essere propria della politica.

Dellai ha indicato i sindaci come protagonisti importanti per un nuovo progetto, in che modo?

I sindaci possono rappresentare l'attenzione su alcuni temi, la capacità di governo, la buona amministrazione, ma non possono esaurire le necessità. Il progetto ha bisogno di popolo, di categorie economiche, di lavoratori, di mondo dell'associazionismo, di volontariato. Noi come sindaci di area civica alcune cose le abbiamo dette in questi anni e nei nostri territori in tanti stiamo cercando di costruire alleanze che abbiano il sapore di cui parlavo, ma soprattutto vogliamo diventare occasione di crescita di un ragionamento politico che abbia confini più ampi dei nostri comuni, nella consapevolezza che non si può esaurire nel ruolo di qualche addetto ai lavori, ma si deve riuscire a coinvolgere nell'impegno una società ampia. Quando il Trentino ha saputo pensarsi assieme, non dividendo valli e città, pubblico e privato, trentini e non trentini, è stato capace di grandi cose. Solo così si possono fare più facilmente la riforma istituzionale o quella sanitaria, ora venuta avanti invece senza grande condivisione, e poi affrontare le grandi necessità del nostro tempo.

Il Patt ha accolto subito con entusiasmo la nascita di un progetto che rafforzi l'area civica, popolare e territoriale. L'ha sorpresa questo?

O significa che c'erano già stati incontri tra voi e una condivisione di obiettivi? Qualche ragionamento insieme al Patt l'abbiamo fatto in questi mesi. Si è parlato di un grande progetto territoriale, così come abbiamo parlato con persone che vengono da una tradizione più liberale, che se trovano un progetto credibile, con le attitudini di cui ho detto e con una classe dirigente non fatta solo di addetti ai lavori, potrebbero restarne affascinati. Comunque, sono convinto che se insistiamo sulla proposta territoriale il Partito autonomista non può che stare con la nostra proposta perché dall'altra parte vedo più omologazione nazionale o lombardoveneta, piuttosto che originalità trentina.

La segretaria del Pd del Trentino, Lucia Maestri, ha detto che questo progetto per le elezioni provinciali ha già messo radici nelle comunali a Trento e Rovereto. Siete stati una sperimentazione sul campo?

Io voglio evitare tratti di autoreferenzialità, ma effettivamente sui territori questo lavoro assieme, di unità, abbiamo già cercato di farlo.

Ma come sceglierete la leadership? Si fa spesso il suo nome per la presidenza della Provincia. Cosa farà?

Adesso faccio il sindaco. In futuro si vedrà. Io ho sempre detto, citando Martinazzoli, che «a certi ruoli bisogna essere "chiamati a", non "sgomitare per"». Le leadership devono emergere in maniera naturale. E comunque non è il tema dell'oggi. Oggi va costruito il progetto e va chiamato a raccolta popolo, con un dibattito solido, perché poi di leader se ne possono individuare un'infinità. In Trentino la classe dirigente c'è, ma le persone competenti prima vanno riappassionate alla politica.

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