Covid / Lo studio

Post pandemia, le organizzazioni criminali mettono gli occhi sul turismo

Ammonta a 2,2 miliardi di euro la stima dei proventi delle mafie derivanti dall'infiltrazione economica nel comparto turistico italiano. Il 17% degli introiti arriva dal Nord Est

ROMA. Supera i 2,2 miliardi, di cui quasi il 40% concentrati nel Mezzogiorno, il giro d'affari della criminalità organizzata derivante dall'infiltrazione nell'economia legale del settore turistico. Lo calcola una ricerca realizzata da Demoskopika elaborando dati ufficiali o da fonti autorevoli.

Alla sola 'ndrangheta si attribuisce il 40% del giro d'affari complessivo, e sono quasi 4.500 le aziende a maggior rischio di riciclaggio associato a crisi di liquidità causata dalla pandemia. "Il turismo in ginocchio per il Covid fa gola ai sodalizi criminali", dice il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio.

Sono sei i sistemi turistici regionali a presentare i rischi più elevati di infiltrazione criminale nel tessuto economico: Campania, Sicilia, Lazio, Calabria, Lombardia, Puglia.

Sul versante opposto, sono quattro le regioni a presentare una minore vulnerabilità, presenti nel cluster delle realtà con un rischio "basso" di infiltrazione economica: Marche, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige. 

Il giro d’affari

Se ammonta a 2,2 miliardi di euro la stima dei proventi della criminalità organizzata derivante dall'infiltrazione economica nel comparto turistico italiano, la parte del leone - secondo la ricerca di Demoskopika - la fa la 'ndrangheta con un giro d'affari di 810 milioni, pari al 37% degli introiti complessivi. A seguire la camorra con 730 milioni (33%) e la mafia con 440 (20%) e criminalità organizzata pugliese e lucana con 220 (10%). Osservando il livello territoriale emerge, inoltre, che nelle realtà del Mezzogiorno si concentrerebbe il 38% degli introiti criminali, pari a 825 milioni.

A seguire il Centro con 515 milioni (23%), il Nord Ovest con 490 milioni (22%) e il Nord Est con 370 milioni (17%).

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