Politica/ Il caso

Gli insulti sessisti di Savoi, parla Binelli: «Va capito, esternava il suo malessere»

Il commissario leghista si trova a guidare un partito senza segretario e senza presidente, e che perde i pezzi, ma l’onorevole annuncia un congresso in autunno e crede che il Carroccio, in Trentino, sia saldo

TRENTO. Savoi? Bisogna capirlo, ha esternato il suo «malessere», anche se ha usato le parole inappropriate. Lo dice il commissario del partito trentino. 

Ma la Lega Salvini Trentino un collegio dei probiviri cui deferire Alessandro Savoi ce l'ha? «No» risponde Diego Binelli. Se però ci fossero, i probiviri, sarebbero inutili. Perché il commissario del partito, che il "capitano" Salvini ha nominato a fine dicembre per guidare la ripresa del partito dopo la gestione Bisesti e il ridimensionamento nelle urne delle comunali di settembre, comprende l'esternazione di Savoi. «Non condivido il termine che ha usato, e come partito di scusiamo. Savoi si è espresso in modo inappropriato, certamente. Ma va capito il contesto, il suo malessere: da fondatore del partito, vedere persone che se ne approfittano...».

Mentre gli epiteti volgari di Savoi diventavano un caso nazionale, mentre il presidente della Provincia, Maurizio Fugatti, sceglieva di confinarsi nel silenzio (per poi condannare fermamente l’accaduto dopo che Matteo Salvini in persona aveva detto che le parole di Savoi non sono accettabili), il deputato-commissario chiudeva la telefonata: «Al momento non ho altro da dire».

Pochi minuti dopo, l'ufficio stampa della Lega comunicava le dimissioni di Alessandro "Cionfoli" Savoi da presidente del partito. Binelli, geometra dipendente pubblico, classe 1972, è un uomo mite, catapultato dalla Rendena alla Camera dei deputati nel marzo 2018. Tutt'altra cosa, nei toni, dalle volgarità di Savoi e dall’irruenza del "capitano" Salvini. A lui, però, l'onore e l'onore di guidare un partito che sta perdendo pezzi.

Un partito che ha una organizzazione "militare": il "capitano" ordina, le truppe eseguono. Solo che ora, il malumore che serpeggia tra le truppe, viene fuori alla luce del sole.

Onorevole Binelli, quali sono i numeri della Lega, oggi in Trentino?«Abbiamo circa trenta sezioni sul territorio, con 1.200 tesserati, di cui 230 militanti. Un risultato soddisfacente se si tiene conto che il tesseramento, nel 2020, ha fatto i conti con il Covid».

Lei è stato nominato commissario per portare al Lega al congresso e nominare un nuovo segretario: quando lo convocherà? «In autunno, Covid permettendo, perché lo dobbiamo fare in presenza. Intanto, sto lavorando al rinnovo delle sezioni, Speriamo di poter fare i congressi di sezione entro primavera».

La Lega ha un problema di classe dirigente e ora ci sono segni di sfaldamento… «La Lega che governa in Provincia e nei comuni è formata da gente preparata e valida. Ma è chiaro che un partito cresciuto fin oltre il 30% abbia problemi nel garantire più rappresentanza nelle istituzioni».

Cosa sta succedendo nel partito? «Io prendo atto che due consigliere provinciali e un consigliere comunale se ne siano andati dal partito senza prima esternalizzare nulla all'interno. Non credo alle motivazioni date».

Vale a dire? «Dicono di non condividere la scelta della Lega di appoggiare il governo Draghi con Pd e 5 Stelle. Ma la Lega era al governo con i 5 Stelle nel 2018, quando Ambrosi e Rossato  si candidarono alle provinciali. Se non gli andava bene allora, perché si candidarono con la Lega?

Quali sarebbero, allora, le vere motivazioni? «Non faccio alcun processo alle intenzioni: sono scelte personali. Avranno avuto le loro buone ragioni. Ma prendo atto che dicono di voler continuare ad appoggiare la giunta Fugatti. Mi aspetto lo facciano senza se e senza ma. Perché abbiamo altri problemi. I cittadini vivono in una situazione drammatica che il governo e la giunta provinciale cercano di affrontare. Se le due consigliere faranno altre scelte, si prenderanno le loro responsabilità».

Il disagio in consiglio comunale a Trento c'è da anni, amplificato dopo le elezioni di settembre dalla nomina di Bruna Giuliani, madre dell'allora segretario Mirko Bisesti, a capogruppo. «Chi si candida con la Lega, conosce le regole. Se un partito ha deciso di nominare una persona, si può discutere, ma lo si accetta. E se le due consigliere provinciali non condividevano più il percorso e i valori della Lega avrebbero dovuto dimettersi dal consiglio provinciale, non cambiare partito. È una questione di coerenza».

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