Contagi, la App immuni adesso è operativa Non è obbligatorio scaricarla «Ma più persone la utilizzeranno più sarà efficace»

di Matteo Lunelli

La sperimentazione è partita l’8 giugno in quattro regioni (Puglia, Abruzzo, Marche e Liguria), ma da ieri la App “Immuni” è disponibile a tutti i cittadini italiani per il download.

Chiariamolo subito: non è obbligatorio scaricarla e installarla (e può essere eliminata in ogni momento), e in ogni caso non sarà la soluzione per tutti i problemi i problemi legati al Coronavirus.

«Ma un aiuto sì: e più persone la utilizzeranno più sarà efficace. A pochi giorni dalla fine del lockdown e nonostante i morti e i problemi in tanti hanno già “perso la memoria” su quanto accaduto. Quindi capisco le preoccupazioni, ma la App è decisamente sicura». A parlare è

Maurizio Napolitano, ricercatore di Fbk ed esperto informatico. Come nasce il progetto Immuni?

La storia di questa App è molto bella, perché prima dell’uscita c’è stato un grande confronto e dialogo tra soggetti molto diversi tra loro. Ogni esperto di vari settori ha dato un contributo e anche l’opinione pubblica ha avuto un ruolo. Hanno discusso sociologi, informatici, virologi, avvocati, politici, componenti delle task force governative, politici e il comitato parlamentare per la sicurezza della repubblica (Copasir). Inoltre ha avuto il parere positivo del garante della privacy.

La privacy è stato il vero nodo, con i cittadini preoccupati di dare i propri dati.

Il tracciamento dei contatti, per quanto riguarda le malattie infettive, esiste da sempre ma senza dubbio non è facile da fare: si tratta di un’intervista nella quale si provano a ricostruire i contatti avuti, in luoghi e momenti diversi. Per quanto riguarda il Coronavirus l’obiettivo è naturalmente bloccare i focolai nel minor tempo possibile. La App Immuni funziona in maniera anonima e la parte “finale” è delegata al senso civico di ognuno. Inoltre i dati restano archiviati, quei pochi, restano archiviati solo per 14 giorni, il periodo di incubazione della malattia.

Ovvero una persona può legittimamente non far sapere di essere risultata positiva.

Esatto. La persona che risulta contagiata, con l’autorizzazione di un operatore sanitario, può decidere di rendere pubblico - ma garantendo l’anonimato - l’insieme dei codici che il suo smartphone ha inviato quando entrava in contatto con altri su un server centrale. Quotidianamente, i singoli telefoni si collegano al server centrale, scaricano queste liste e le comparano con quelle registrate in locale. Se una di queste liste è presente vuol dire che si è entrati in contatto con una delle persone a cui è stato diagnosticato il virus e quindi si invita a prendere contatto con il proprio medico.

Niente luoghi e niente nomi. Ovvero impossibile risalire alla persona.

Avere i dati geografici precisi delle persone sarebbe stata più efficace, ma bisognava garantire la privacy. Lo stesso vale per i nomi, tutto funziona con dei codici, generati in modo casuale e senza alcuna informazione né sulle persone né sul telefonino. Ogni singolo telefono deposita i dati sul server centrale, che a sua volta manda l’eventuale segnalazione ai dispositivi che sono entrati in contatto con il positivo.

Ad oggi i dati di download sono piuttosto bassi e per il Trentino non c’è comunque un dato.

Scaricarlo non è obbligatorio. È chiaro che nessuno in Italia vuole una seconda ondata del virus e un altro lockdown: se ci sarà grande senso civico nell’utilizzo della App potrà essere un aiuto per evitare tutto questo.

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