La app "Immuni", in Trentino per quasi mezzo milione di persone (ma è su «base volontaria»)

Si chiama «Immuni» l’applicazione che nelle prossime settimane quasi mezzo milione di trentini - cioè chiunque abbia in uso uno smartphone - sarà chiamato ad installare sul proprio telefono. La decisione, su base volontaria, è importante perché solo se si raggiungerà almeno il 60% della popolazione la app, ideata per tracciare eventuali contagi da coronavirus, darà i risultati sperati. Ma controllare i contatti di decine di milioni di italiani non è una questione semplice per ragioni tecniche, ma soprattutto per motivi di tutela della privacy. Non a caso della questione si occupa anche il Copasir e - è notizia di ieri - si profila all’orizzonte anche un passaggio parlamentare. Questo però rischia di allungare i tempi di quello che è considerato uno dei capisaldi della “fase due” della pandemia, cioè il contact tracing. Di cosa si tratta? E perché è importante aderire scaricando, quando tra qualche settimana sarà possibile farlo, la app?
«In realtà il contact tracing, cioè la tracciatura dei contatti avuti da una persona che ha una malattia infettiva - spiega Maurizio Napolitano, ricercatore di Fbk - è una procedura standard indicata dall’Oms per fronteggiare malattie infettive. Quando arriva un paziente attraverso un’intervista si cerca di stabilire con chi sia entrato in contatto. Questo è il sistema più efficace, ma per agire su larga scala si propone l’uso di una tecnologia che permetta di ricostruire lo storico dei contatti».

Qui entra in gioco il cellulare. In sostanza il telefono produce una serie di codici casuali che cambia ad intervalli regolari (un po’ come i token OTP delle banche). Questi codici vengono trasmessi e, tutti i telefoni intorno a meno di un metro, ascoltano e registrano la sequenza. Quando ad un soggetto viene diagnosticato il covid-19, questo può decidere di inviare al server ministeriale un intervallo di tempo di sequenze. Le sequenze possono essere raggiunte - in maniera trasparente per l’utente - dalle app presenti sugli smartphone di tutti. E, a quel punto, lo smartphone fa la verifica se quella sequenza è fra quelle che ha registrato. Se la sequenza risulta in elenco, allora il proprietario di quel telefono viene a sapere che è stato a contatto con una persona con covid-19. Va sottolineato che il personale sanitario non conosce alcun nome e che, il tutto, è delegato alla responsabilità delle persone.
Tutto ciò sembra molto complicato, ma in realtà il principio è semplice: sfrutta il fatto che il nostro cellulare, se è abilitato il Bluetooth, “parla” con gli altri telefoni vicini. Questo ci può aiutare a capire con chi siamo stati, anche inconsapevolmente in contatto, per quanto tempo e anche a quale distanza.
«Immaginiamo di essere seduti al tavolino di un bar - prova a spiegare con un esempio semplice il ricercatore di Fbk - una persona alle nostre spalle che neppure vediamo racconta una storia qualsiasi. Io ascolto e quel racconto resta nella mia memoria. Il giorno dopo sui giornali leggo che una persona che raccontava quella storia è scomparsa. A quel punto vado in Questura per riferire quello che so. Ecco, attraverso il bluetooth il mio telefono manda sequenze di parole ed entra in contatto con altri telefoni in ascolto senza che io me ne renda conto. Se una persona ha il coronavirus e se entrambi abbiamo scaricato la app posso informare, senza interagire con loro e senza conoscerle, le persone con cui il malato è entrato in contatto, per quanto tempo e anche a quale distanza. A questo punto verrò invitato a fare un tampone: se negativo meglio, vorrà dire che era un caso di falsa positività, se invece risulta positivo andrò in quarantena».

Napolitano installerà la app Immuni? Come cittadino, credo che debba prevalere il senso civico, cioè scaricare la app sul telefono. Da ricercatore mi chiederò se la privacy è stata protetta in modo adeguato. Ma credo che, è interesse di tutti, quando sarà disponibile la app le implicazioni organizzative e di privacy saranno state risolte».


CHE COSA E' - Per autorizzare la App di contact tracing, che traccerà gli spostamenti delle persone, sarà necessaria una norma di legge, fa sapere il governo. E il premier Conte chiarisce che sarà offerta su base volontaria e non obbligatoria e non ci saranno limitazioni nei movimenti o altri pregiudizi nei confronti di chi non vorrà scaricarla. Il commissario Arcuri intanto la difende, definendola "fondamentale per la Fase 2". Ma dal Viminale arriva l'avvertimento: lo strumento può essere utile, ma va garantita la sicurezza dei dati di 60 milioni di cittadini.

L'app per il contact tracing risponderà a due requisiti fondamentali: la sicurezza e la privacy. Lo ha garantito il commissario Domenico Arcuri in conferenza stampa sottolineando che i dati anagrafici e sanitari dei cittadini dovranno essere conservati su una "infrastruttura pubblica e italiana". "La privacy e la riservatezza dei dati - ha aggiunto - è un diritto inalienabile ed irrinunciabile".

Dunque "non sarà da parte mia possibile allocare queste informazioni in un luogo che non sia un'infrastruttura pubblica e italiana". "Il contact tracing - ha poi aggiunto Arcuri - è una modalità per garantire che in qualche modo vengano conosciuti e tracciati i contatti che le persone hanno, molto importante se qualcuno si contagia. Possono essere usati per contenere la diffusione del virus. In tutto il mondo alleggerire il contenimento significa essere in grado di mappare tempestivamente i contatti delle persone; l'alternativa sarebbe non alleggerire le misure, privandoci di quote importanti della nostra libertà come in queste settimane è accaduto".

L'Ordinanza che la autorizza è la numero 10 del 16 aprile del Commissario straordinario Arcuri ed e' pubblicata sul sito del Governo. "La presente ordinanza - si legge - è pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale". L'ordinanza di Arcuri ha tenuto conto anche "che la società Bending Spoons Spa esclusivamente per spirito di soliderietà e, quindi, al solo scopo di fornire un proprio contributo, volontario e personale, utile per fronteggiare l'emergenza da Covid-19 in atto, ha manifestato la volonta' di concedere in licenza d'uso aperta, gratuita e perpetua, al commissario straordinario per l'attuazione ed il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica Covid-19 e alla Presidenza del consiglio del ministri, il codice sorgente e tutte le componenti applicative facenti parte del sistema di contact recing gia' sviluppate. Nonche', si legge ancora nell'ordinanza, per le medesime ragioni e motivazioni e sempre a titolo gratuito ha manifestato la propria disponibilità a completare gli sviluppi informatici che si renderanno necessari per consentire la messa in esercizio del sistema nazionale di contact racing digitale".

L'app che si chiama Immuni, sarà "un pilastro importante nella gestione della fase successiva dell'emergenza", la sperimentazione sarà in alcune regioni pilota, poi verrà estesa, ha spiegato Domenico Arcuri, Commissario per l'emergenza, che auspica "una massiccia adesione volontaria dei cittadini".

La scelta converge dunque sull'applicazione messa a punto dalla società milanese Bending Spoons in partnership con il Centro Diagnostico Santagostino di Luca Foresti e con la società di marketing digitale Jakala. L'app ha partecipato alla selezione del ministero dell'Innovazione dove sono arrivate oltre 300 proposte. Si basa sul bluetooth (ma è adattabile anche al Gps) principio cardine su cui si muove l'Europa.

Proprio ieri, infatti, la Commissione Ue ha dettato le regole per il sistema di tracciamento: anonimato e niente geolocalizzazione, sì a bluetooth e volontarietà. "I Paesi Ue stanno convergendo verso un approccio comune" con "soluzioni che minimizzano il trattamento dei dati personali", scrive l'Europa nel documento stilato oggi in collaborazione con i governi.

Oltre ai requisiti di volontarietà e interoperabilità tra Stati, già ribaditi, l'Ue si è soffermata inn particolare sulla tecnologia giudicata più idonea per le app di tracciamento, cioè il bluetooth che deve "stimare con sufficiente precisione" (circa 1 metro) "la vicinanza" tra le persone per rendere efficace l'avvertimento se si è venuti in contatto con una persona positiva al Covid-19. "I dati sulla posizione dei cittadini non sono necessari né consigliati ai fini del tracciamento del contagio" sottolinea Bruxelles, precisando che l'obiettivo delle app "non è seguire i movimenti delle persone o far rispettare le regole" perché questo "creerebbe rilevanti problemi di sicurezza e privacy". Per mantenere l'anonimato, è previsto che le app utilizzino un ID (codice d'identificazione utente, ndr) "anonimo e temporaneo che consenta di stabilire un contatto con gli altri utenti nelle vicinanze".

In Europa esiste già un progetto che soddisfa questi criteri, su cui stanno convergendo Francia e Germania. Si chiama Pepp-Pt (Pan-European Privacy-Preserving Proximity Tracing) è stato messa in piedi da un gruppo di 130 scienziati e 32 fra aziende e istituti di ricerca di 8 Paesi (tra cui la Fondazione ISI di Torino). Tra i partner del progetto ci sono anche Vodafone e, appunto, Bending Spoons.
   


   

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