Rivoluzione della Terza Età "Università" ad alta tensione

di Domenico Sartori

Che sta succedendo alla Utetd, l'Università della terza età e del tempo disponibile? Succede che il consiglio di amministrazione della Fondazione Demarchi, cui Utetd fa capo, presieduto da sei anni dal pedagogista Piergiorgio Reggio , ha in mente una riorganizzazione pesante, che sarà deliberata nei prossimi giorni. E che tale "rivoluzione" agita gli animi, preoccupa docenti, addetti, corsisti. «Non siamo stati coinvolti» dicono. E chiedono: «Perché cambiare, se le cose funzionano?».

L'"Università", che il prossimo maggio celebrerà il 40° della fondazione, è il primo, autorevole luogo privilegiato di formazione degli adulti in Trentino. Settemila iscritti, di cui 1.500 a Trento, 800 pacchetti formativi (dalla ginnastica posturale ai corsi di lingua, dalla fitoterapia alla filosofia, all'uso dei social), 79 sedi formative, 350 docenti... Utetd è, di fatto la principale attività della "Demarchi", ente strumentale della Provincia che dal 2013 ha preso il posto dello storico Istituto regionale di studi e ricerca sociale. Cambierà il nome e cambierà l'organizzazione. Dai prossimi giorni la responsabile non sarà più Laura Antonacci , l'anima dell'Utetd da una ventina d'anni, assegnata ad altro incarico.

Presidente Reggio, cambia il nome e sparisce l'"Utetd". Si chiamerà Comunità trentina di apprendimento?

«Il nome non è ancora stato scelto. È stato fatto un sondaggio tra i partecipanti. Sarà deciso a breve. Mi dica lei cos'è la terza età, che non esiste più? O il tempo disponibile: chi ce l'ha, oggi?».

Oltre il nome, cambierà l'organizzazione. Cosa cambierà?

«Contenuti, metodologia, organizzazione, rapporti con le comunità locali, luoghi formativi. Ci rivolgeremo anche a carceri, ospedali, circoscrizioni, i posti dove la gente vive».

La preoccupazione, espressa da alcuni docenti, deriva dal fatto che viene cambiato un modello formativo che funziona: perché cambiarlo?

«Lei sa quanti migranti arrivati in Italia sono iscritti?».

No, me lo dica lei.

«Nessuno!».

Oggi ci sono 7 mila iscritti, in gran parte donne, in gran parte in età avanzata. Cosa cambierà?

«Noi vogliamo puntare agli 8 mila che non frequentano i corsi: giovani, maschi, bambini, migranti, detenuti, persone in ospedale».

Se l'obiettivo è ampliare il raggio di azione formativa, perché il cambiamento suscita preoccupazione? È perché non avete coinvolto partecipanti, docenti, comuni?

«Esistono documenti da cinque anni del cda, che vanno in questa direzione. Il cambiamento avverrà gradualmente, non dall'oggi dal domani. L'Utedt ha 40 anni, che celebreremo l'8 e il 9 maggio in un convegno nazionale con Ruiap, la rete delle università italiane dell'apprendimento permamente. Lì presenteremo il progetto 2020-2060, per il prossimi 40 anni».

Alle migliaia di partecipanti cosa dice?

«Saranno più che soddisfatti».

E ai docenti preoccupati?

«Che saranno entusiasti».

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