Al telefono mentre guida: multa contestata, non c'è calunnia

Avevano contestato una multa beccandosi una condanna per calunnia. L’automobilista sanzionato per aver usato il telefono cellulare mentre guidava e il suo testimone - che avevano messo in dubbio la ricostruzione fatta dalla polizia municipale - hanno vinto la loro battaglia legale.

La Cassazione ha infatti annullato la sentenza di condanna inflitta dal tribunale di Trento e confermata dalla Corte d’appello assolvendo i due «perché il fatto non costituisce reato».

L’automobilista e il testimone erano finiti nei guai perché - sosteneva l’accusa - pur sapendoli innocenti, accusavano due agenti della polizia locale di aver creato un atto pubblico falso, cioè il  verbale a carico del guidatore pizzicato mentre parlava al cellulare durante la guida. Quest’ultimo negava  e nel ricorso sostenne che gli agenti avevano falsamente indicato nel verbale che il conducente  teneva il telefono sull’orecchio destro.

Per dimostrare che questa ricostruzione era sbagliata,  il guidatore aveva citato la testimonianza di un conoscente che, proprio in quel frangente, aveva salutato  l’automobilista. Questi sostenne che il guidatore «con la mano sinistra mi salutò, la mano destra era regolarmente appoggiata sul volante» e precisò che «uno degli agenti non poteva aver visto quanto accadeva perché stava chiacchierando con un passante».

La ricostruzione alternativa costò a conducente e testimone una condanna. Secondo la Cassazione però non c’è prova che i due imputati volessero calunniare gli agenti. Il conducente «ha manifestato la propria personale lettura della scansione degli eventi», con «l’unico esclusivo effetto di negare il proprio comportamento antigiuridico». In sostanza si può contestare la ricostruzione fatta dalle forze dell’ordine senza per questo essere accusati di calunnia.

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