Domani la Giornata contro la violenza sulle donne

Maria ha la voce rotta dall’emozione. Parla da dietro un paravento, per motivi di riservatezza, ma la sua storia e la sua voce sono tanto intense che sembra di averla accanto. «La mia storia ha avuto inizio come tante altre», ha raccontato alla folta platea accorsa al Buonconsiglio per «Questo non è amore», giovedì, incontro promosso dalla questura in vista della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, che si celebra il 25 novembre, e moderato dal direttore dell’Adige Pierangelo Giovanetti . «Eravamo una giovane coppia, piena di progetti e colma di amore - ha proseguito Maria - almeno, così credevo a suo tempo». Da quell’amore era nato il primo figlio, poi il secondo: «Una gravidanza difficile», ha spiegato, da cui il compagno si sentiva soffocare. Ed è lì che la situazione è peggiorata: «Urla, porte che sbattono, il primo ceffone quando ho detto che volevo la separazione, gli strattoni per il collo con il bambino in braccio».


Poi gli inseguimenti, le minacce, il tentativo - riuscito - di recidere ogni legame esterno alla coppia. Nel frattempo scorrono gli anni, «invivibili, in cui la paura e l’ansia erano sempre con me. Perché questo è un male che ti mangia dentro. Fino al giorno in cui i miei figli, dopo l’ennesima scenata, mi dissero: “Mamma, fai qualcosa, forse il papà non ci vuole così bene”». Ed è qui che la voce di Maria è come se prendesse forza, facendo vibrare tutta la Sala delle Marangonerie di speranza e coraggio. «Un giorno, per caso, ho trovato l’opuscolo di una serata contro la violenza sulle donne. Lì ho conosciuto la dottoressa Annamaria Maggio della questura di Trento e, per la prima volta, ho pensato di non essere sola. A distanza di anni, posso dire che lei mi ha restituito la vita».


In italia, esistono tantissime le storie come quella di Maria. Questo il motivo che ha spinto la questura a promuovere l’incontro. E il messaggio è stato chiaro: «Si deve rompere il silenzio, chiedere aiuto, denuciare», ha spiegato il questore di Trento Giuseppe Garramone . «Le donne devono sapere di non essere sole. Possono contare su una rete in grado di ascoltarle e proteggerle. La Provincia di Trento, in questo, è una terra virtuosa in cui polizia, assistenti sociali, sociologi, psicologi, operatori sanitari e associazioni garantiscono un approccio sistemico efficace».
Sono 7 milioni le donne in Italia che hanno subito una violenza nel corso della loro vita, e 100 i femminicidi che si consumano ogni anno, circa 1 ogni 3 giorni. I dati del Trentino parlano invece di 2 casi di violenza al giorno: solo la punta dell’iceberg secondo gli studiosi dato che, purtroppo, il 90% dei casi resta ancora «sommerso», oscurato da silenzi e omertà all’interno delle mura domestiche.


Molteplici le cause della violenza sulle donne. Si è parlato di «retaggi della cultura patriarcale», di stereotipi e pregiudizi, di una società insicura che fa fatica ad accettare l’emancipazione femminile. Gli esperti concordano però nell’affermare che questo odioso reato è democratico e plurale: «La verità - ha spiegato Silvia La Selva , psicologa della direzione centrale della polizia di Stato - è che tutti noi potremmo iniziare una relazione violenta, nessuno è immune. Ricordiamoci però che non esistono vittime o carnefici: stigmatizzare non aiuta a rompere il silenzio».
Quali dunque le misure messe in campo dalla polizia per far fronte al fenomeno? Oltre alla denuncia, dal 2013 è presente in Italia lo strumento dell’ammonimento. «Negli ultimi due mesi e mezzo - ha aggiunto Annamaria Maggio , dirigente della questura - ne abbiamo emessi 45 in Trentino. É una sorta di cartellino giallo in cui si intima di cessare il comportamento violento, una misura che si è rivelata sufficiente nell’80% dei casi».


Circa 600, invece, gli episodi che hanno coinvolto le famiglie trentine tra il 2017 e 2018, come ha ricordato il procuratore capo della Repubblica Sandro Raimondi : «In qualità di procuratore ho voluto apportare azioni concrete di contrasto al fenomeno. I magistrati in Trentino che si occupano di violenza sulle donne sono passati da 3 a 4 e abbiamo poi creato dei luoghi protetti per donne e bambini all’interno della questura, per far sì che possano sentirsi accolte e protette, raccogliendo insieme le prove per dare il via alle indagini».

 

Sono 3100 le donne uccise dal 2000 a oggi, più di 3 a settimana. E da gennaio ad ottobre sono 70 quelle ammazzate per mano di chi diceva di «amarl». E sono tante anche le donne che hanno cercato aiuto per uscire da situazioni di abuso: sono quasi 50 mila le donne che si sono rivolte ai Centri antiviolenza nel 2017 e di queste oltre 29mila hanno iniziato un percorso di uscita dalla violenza. Secondo l’Istat il 26,9% delle donne che si rivolgono ai centri sono straniere e il 63,7% ha figli, minorenni in più del 70% dei casi. Di fronte a questi numeri allarmanti la marea femminista di «Non una di meno» si prepara oggi a scendere in piazza a Roma in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne per il terzo anno consecutivo.

«Da più di due anni siamo nelle piazze e nelle strade a ribadire che i femminicidi sono la punta di un iceberg fatto di oppressione - spiega il manifesto della manifestazione di domani - la violenza maschile comincia nel privato delle case ma pervade ogni ambito della società e diventa sempre più strumento politico di dominio, producendo solitudine, disuguaglianze e sfruttamento».

Di qui l’importanza dei centri antiviolenza: la maggior parte dei centri, l’85,8%, lavora in rete con altri enti della rete territoriale e quasi tutti, il 95,3%, aderiscono al numero verde nazionale 1522 contro la violenza e lo stalking. La possibilità di contattare il centro antiviolenza da parte delle donne è elevata, il 68,8% ha messo a disposizione una reperibilità H24, il 71,1% ha attivato un servizio di segreteria telefonica negli orari di chiusura e il 24,5% possiede un numero verde dedicato; 4.400 le operatrici che nel 2017 hanno lavorato presso i centri antiviolenza, di queste il 56,1% è stato impegnato esclusivamente in forma volontaria.

Il corteo di oggi quest’anno ha una matrice politica a difesa dei diritti delle donne, dei migranti e della comunità Lgbtq+ contro cui - spiegano le organizzatrici - «il governo Salvini-Di Maio si è fatto portatore di una vera e propria guerra, attraverso misure e proposte di legge che insistono su un modello patriarcale e autoritario che vorrebbe schiacciare e ridurre al silenzio la nostra libertà».

IL VIDEO DI «NON UNA DI MENO» 

La manifestazione nazionale di «Non Una Di Meno» a Roma partirà alle 14 da Piazza della Repubblica e arriverà sino a Piazza San Giovanni mentre il giorno dopo, 25 novembre, si terrà - dalle 10 alle 16 al Liceo Scientifico Statale Nomentano in Via della Bufalotta, 229 - l’assemblea nazionale per organizzare lo sciopero globale del prossimo 8 marzo. Previsto anche uno spazio Bimbx ovvero un furgoncino dove sarà possibile riposarsi o per chi ha figli piccoli allattare o cambiare i pannolini.

I NUMERI DELLE VIOLENZE SULLE DONNE: 

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