Bufera sul Soccorso Alpino, la Corte dei Conti indaga

Nuovo scossone nel mondo del soccorso alpino. E il terremoto, questa volta, è stato provocato dalla Corte dei Conti che al termine di un’indagine della Guardia di Finanza sull’acquisto di divise di rappresentanza (148 mila euro) e su quella che viene definita «illegittima remunerazione ad Alimonta per le attività svolte come Presidente (85.580 euro) e per l’illegittima remunerazione ad Alimonta per le attività svolte come tecnico di elisoccorso, istruttore provinciale e guardia attiva (56.610 euro)», ha inviato una serie di inviti a dedurre. Ad essere chiamati a rispondere non sono solamente il presidente Adriano Alimonta e il suo vice Ezio Parisi, ma anche i delegati di zona che hanno deliberato le scelte. Nel caso delle divise consegnate nel maggio 2017 (1.200 maglioni e 1.200 camicie) l’invito è stato notificato oltre che al presidente e al vice, anche a cinque membri del consiglio direttivo che avevano dato il via libera all’acquisto. Nel caso delle remunerazioni al presidente, nel mirino della Corte dei Conti, oltre a presidente e vice, altri 9 membri del consiglio direttivo considerato che il presunto illecito sarebbe stato deliberato da due consigli e per uno dei consiglieri la contestazione è doppia. Va subito chiarito che l’invito a dedurre è una richiesta di chiarimenti della Corte dei Conti in merito ad una serie di presunti illeciti. Raccolte le varie posizioni i magistrati contabili potrebbero poi decidere di archiviare tutto o solo la posizione di qualcuno.


Dalle carte emerge un presidente Alimonta decisionista e un consiglio finito nei guai per quella che il procuratore generale definisce «supina partecipazione».
Per quanto riguarda il possibile danno erariale derivante dall’acquisizione di 1.200 divise dalla ditta Taschi Srl, la segnalazione ad indagare era arrivata da un capostazione della Valsugana. A seguito la Procura aveva avviato le indagini delegando l’attività alla Guardia di Finanza - Nucleo di Polizia Tributaria di Trento. Innanzitutto è stato evidenziato che alcuni soci del soccorso alpino, soprattutto delegati della zona della Val di Fassa e del Primiero, avevano manifestato fin da subito perplessità in merito all’acquisto. Sempre la Finanza ha poi accertato che le «divise di rappresentanza» acquistate, in realtà non sono vestiti che il Corpo è chiamato a indossare in virtù di qualche norma essendo l’unica divisa prevista dal regolamento del Cnsas-Tn quella di «servizio».

Da qui, per la Finanza, «l’assoluta inutilità». Contestato anche il numero dei capi ordinati visto che in quel periodo i membri del soccorso non raggiungevano quota 700.
Infine, viene ritenuta illegittima la modalità con cui l’acquisto è stato effettuato, senza alcun confronto concorrenziale. L’importo, che sfiora i 150 mila euro, risulta essere stato pagato con uno stanziamento straordinario di 48.600 euro della Provincia attraverso l’allora assessore Tiziano Mellarini, e il resto dal Soccorso alpino trentino. Ai consiglieri che prima di votare avevano chiesto ad Alimonta se non fosse opportuno per ragioni di trasparenza chiedere almeno tre preventivi, lo stesso aveva detto di volersi assumere la responsabilità di quella scelta giustificando la procedura con l’urgenza di acquisire le divise.

Altro passaggio analizzato dalla Finanza e dalla Corte dei Conti è poi la scelta del marchio Montura. Il presidente Alimonta ha sempre sostenuto che la scelta è ricaduta su quel marchio visti gli accordi di collaborazione e sponsorizzazione già in essere. Il procuratore, nell’invito a dedurre, ha però fatto presente che «il presidente Alimonta risulta essere uno dei testimonial della società Taschi Srl, depositaria del marchio Montura e, pertanto, la scelta dello stesso di acquistare le divise di rappresentanza proprio dalla predetta società, per giunta senza gara, risulta essere quantomeno inopportuna, visti i rapporti economici in essere». Dai calcoli del procuratore Alimonta avrebbe percepito, tra il 2013 e il 2017 redditi per un valore di 8.700 euro dalla società stessa. Importo sufficiente per far scrivere al procuratore Pozzato che «nelle vicende in questione risulta evidente che Alimonta, a fronte delle chiare perplessità di alcuni soci, ha dimostrato la sua intenzione di spadroneggiare, con acquisti incongrui a favore di una società che lo mantiene a libro paga». Inizialmente il danno erariale era stato completamente imputato al presidente Alimonta ma poi, sentito sui fatti contestati, lo stesso aveva fatto presente che sull’acquisto aveva deliberato l’intero consiglio direttivo. Da qui la decisione di notificare l’invito a dedurre anche ai consiglieri. Nel nuovo invito il 50% del presunto danno erariale viene contestato ad Alimonta e il restante in parti uguali tra i restanti membri del consiglio direttivo.

Per quanto riguarda invece l’altro invito a dedurre la contestazione sull’illegittima remunerazione al presidente per le attività svolte come presidente sono state addossate al 50% ad Alimonta, per il 10% al suo vice, per un 4% ciascuno a 8 membri del consiglio (cinque per la votazione del marzo 2014 e tre per quella dell’ottobre 2016). Ad un unico consigliere viene addossato l’8% del presunto danno in quanto ha votato in entrambe le sedute. Diversa la ripartizione per l’illegittima remunerazione per le attività svolte dal presidente che per la Corte dei conti è da addossare per il 90% ad Alimonta e per un 10% al suo vice.

Ora naturalmente presidente, vice e i vari consiglieri hanno la possibilità di presentare le loro motivazioni e spiegare il perché delle loro scelte.

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