Business del crimine da 160 mln di euro Le operazioni sospette sono raddoppiate

di Francesco Terreri

Traffico di droga, sfruttamento della prostituzione, contrabbando. E pure l’indotto, dai trasporti al magazzinaggio. L’economia criminale in Trentino vale 160 milioni di euro.

E in questa cifra non sono compresi gli investimenti nell’economia legale di risorse di provenienza illecita di cui parla la relazione conclusiva della Commissione parlamentare antimafia. Ma di questo fenomeno, che comprende reati economico-finanziari nei settori dell’edilizia e del porfido, ma anche in altri campi, è un indicatore il boom di segnalazioni sospette di riciclaggio di denaro sporco. Nel primo semestre 2017 la Direzione Investigativa Antimafia (Dia) ha analizzato in Trentino Alto Adige 2.259 operazioni finanziarie derivanti da Sos antiriciclaggio. Erano 1.884 nel secondo semestre 2016 e 870 nel primo semestre di quell’anno. In un anno, quindi, sono più che raddoppiate.


Una parte di queste segnalazioni conduce alla scoperta di reati, Nell’ultimo anno nessuna delle indagini giudiziarie aperte in regione riguarda reati associativi di tipo mafioso. Peraltro, non vanno sottovalutati i reati associativi analoghi in capo a organizzazioni straniere. Nei primi sei mesi dell’anno scorso, sono 35 i cittadini stranieri che hanno commesso reati associativi, cioè che, ad esempio, oltre che spacciare droga sono stati riconosciuti parte di organizzazioni criminali che gestiscono il traffico. Tra essi vi sono 33 romeni e 24 albanesi. Nel 2016 vi era stato però un picco di nordafricani responsabili di reati associativi: 68 nel primo semestre e 21 nel secondo, per un totale di 87.


Come scrive la stessa Dia a proposito del traffico di stupefacenti, protagonisti sono sempre Cosa nostra, ‘ndrangheta, camorra. Ma le organizzazioni criminali straniere, che vediamo in azione anche a Trento, come la nigeriana Black axe confraternity, puntano alla conquista di «autonomi spazi operativi».


Gli echi dei tentativi di infiltrazione in Trentino della criminalità organizzata nazionale, ‘ndrangheta in primo luogo, continuano a spuntare fuori nel maxi processo Aemilia, in corso ormai da più di un anno presso il tribunale di Reggio Emilia, dopo le 57 condanne con rito abbreviato a Bologna. Il processo ha al centro l’infiltrazione delle ‘ndrine in Emilia Romagna ma vede tra gli imputati quell’ Antonio Muto classe 1971 già condannato a Trento per la bancarotta fraudolenta della Marmirolo Porfidi. E nelle udienze del dibattimento il Trentino spunta fuori più di una volta (vedi a fianco): da una presunta estorsione in un cantiere edile ad Alba di Canazei nel 2013, all’affare del lingotto d’oro in cui è coinvolto, oltre a famiglie mafiose, un truffatore condannato a Trento.


In questo quadro, secondo l’Istat, nell’ambito dei 207 miliardi di euro di economia non osservata (l’ultimo dato disponibile è riferito al 2015) le attività illegali vere e proprie valgono 19 miliardi. In provincia di Trento l’economia non osservata è stimata in 1.940 milioni, l’11,5% del Pil. Di essi le attività illegali, dal traffico di droga allo sfruttamento della prostituzione, valgono circa 160 milioni, poco meno dell’1% del Pil.

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