Malaria, Rossi lunedì nella valle delle bimbe malate e poi guarite

Il tempo del silenzio scende sulla storia di Sofia, la bimba trentina di quattro anni morta il 4 settembre di malaria a Brescia, dopo ricoveri a Portogruaro (Venezia) e a Trento, in attesa dei funerali.

Sono giorni difficili intanto per le due bambine che erano ricoverate con la malaria quando la piccola era in ospedale a Trento.

Il governatore del Trentino, Ugo Rossi, così ha scelto proprio un istituto della loro zona per inaugurare, lunedì, il nuovo anno scolastico.

Guarite, come il fratello maggiore e la mamma, anche le due bambine erano infatti nella stessa struttura sanitaria di Sofia e ora nel paesino in cui vivono stanno incontrando qualche difficoltà per la paura e la diffidenza che le circondano improvvisamente.

La famiglia era tornata da poco dal Paese d’origine, il Burkina Faso, quando quattro componenti erano finiti in ospedale a Trento con la malaria.

Per i genitori di Sofia invece, ottenuti i nulla osta per la sepoltura dalle Procure di Trento e di Brescia, dopo che venerdì era stata eseguita a Brescia l’autopsia, sono le ore in cui organizzare il saluto alla loro figlia. Dopo il decesso la bimba è infatti dovuta rimanere agli Spedali civili di Brescia per gli accertamenti. Sarà quindi da riportare a Trento per i funerali, che potrebbero essere celebrati la prossima settimana.

Le risposte sulle cause della malaria di Sofia, che non era andata in Paesi dove fosse possibile il contagio, ma era stata in vacanza a Bibione, in campeggio, non arriveranno però a breve. Si tratta ancora di giorni per ottenere gli esami sul ceppo di Plasmodium falciparum, la malaria che aveva la bimba.

Servirà a capire se non solo il parassita, ma anche il ceppo, fosse lo stesso delle due bambine ricoverate con lei in pediatria. Se ne sta occupando l’Iss e, anche se coincidesse, non darebbe comunque certezze assolute. Un capitolo che rientra nel fascicolo per omicidio colposo contro ignoti aperto sia dalla Procura di Brescia che da quella di Trento.

Per il contagio serve infatti un contatto di sangue, dunque non è previsto l’isolamento, e in ogni caso le giovanissime pazienti erano persino in stanze diverse tra loro. Se il ceppo fosse lo stesso, si aprirebbero però la strada della ricerca di un errore commesso in  pediatria, che i medici stessi cercano da subito e non trovano, oppure quello di una zanzara vettore, rimasta nei bagagli delle bambine e arrivata fino all’ospedale oppure di una zanzara locale, anche se quelle italiane non dovrebbero esser in grado di contagiare. Una strada, quella della zanzara, che non farebbe escludere nemmeno un contagio avvenuto prima, cioè in campeggio a Bibione o in ospedale a Portogruaro, dove non risultano del resto pazienti malarici recenti.

L’esame delle prove, incartamenti e testimonianze, raccolte dai carabinieri del Nas per la Procura di Trento, per l’inchiesta in capo al procuratore capo, Marco Gallina, porteranno via almeno due settimane per avere le prime risultanze. Attesa è anche la relazione sull’autopsia da parte dei periti, che si sono presi sessanta giorni di tempo per redigerla.

comments powered by Disqus