Zerocalcalcare su Facebook: «Uccisa Cappuccio Rosso»

Era stata condannata a 100 anni di carcere per le proteste legate a Gezi Park. Nel mondo era nota come la «ragazza dal foulard rosso» o «cappuccio rosso», che aveva deciso di unirsi al movimento di liberazione curdo prima e poi alla lotta contro Daesh in Siria. E proprio in Siria, sul fronte di Raqqa, è rimasta uccisa in combattimento Ayse Deniz Karacagil, 24 anni, uno dei volti simbolo della battaglia per la libertà. Una storia alla quale si è ispirato il nostro Zerocalcare per il suo Kobane Calling, forse il libro più importante del fumettista romano, uscito un anno fa per Bao Publishing.

«È sempre antipatico puntare i riflettori su una persona specifica, in una guerra dove la gente muore ogni giorno (...). Però siccome siamo fatti che se incontriamo qualcuno poi per forza di cose ce lo ricordiamo e quel lutto sembra toccarci più da vicino, a morire sul fronte di Raqqa contro i miliziani di Daesh è stata Ayse Deniz Karacagil, la ragazza soprannominata Cappuccio Rosso» la ricorda su Facebook ZeroCalcare.

Nel suo libro, a metà tra diario e graphic journalism, il fumettista aveva ripercorso i suoi viaggi in Turchia, Iraq, Siria, raccontando un'utopia possibile nel cuore di una terra ferocemente contesa e fieramente difesa, le macerie di Kobane e un popolo intero in guerra per difendere il proprio diritto a esistere, proteggendo labili confini la cui esistenza non è sancita da nessun atlante geografico.

Due storie già apparse su Internazionale più gli appunti di viaggio nel Rojava, la regione - tra le aree più calde del pianeta - che i curdi stanno cercando di trasformare in un'utopia democratica. Nata ad Antalya nel 1003, Ayse Deniz Karacagil aveva partecipato alle proteste di Gezi Park, nella primavera 2013, ed era stata arrestata con l'accusa di «militanza in organizzazione terroristica» tra i separatisti del Pkk.

Tra le prove depositate contro di lei, la «sciarpa rossa, simbolo di socialismo». Quel «cappuccio» che porta nelle foto, diventate virali, in cui appare sorridente mentre fa il segno di «vittoria» con la mano. Condannata a 103 anni di carcere nel 2014, era stata scarcerata prima del verdetto dal giudice che l'aveva messa in libertà vigilata, aveva imbracciato il kalashnikov e si era unita allo Ypj, la divisione femminile delle milizie curde, impegnata nella liberazione di Raqqa dagli uomini dei Califfo al Baghdadi e nella difesa della regione autonoma del Rojava.

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