Il Patt perde pezzi L’allarme di Tamanini

Dopo l’espulsione di Walter Kaswalder interviene la presidente delle Stelle Alpine, considerata sua fedelissima: «Preoccupata per le conseguenze. Molti mi hanno telefonato per lamentarsi».

di Luisa Maria Patruno

Dopo l’espulsione di Walter Kaswalder, nella base del Patt monta la protesta, per una decisione ritenuta da molti incomprensibile e ingiusta, perché è stata applicata subito la sanzione più estrema verso un consigliere provinciale che da oltre 40 anni è iscritto al partito.

IPOTESI RESTITUZIONE TESSERE

In varie sezioni, specie in Valsugana, si stanno valutando reazioni clamorose, come la restituzione delle tessere, se non si troverà una ricomposizione.

LA PRESIDENTE KASWALDERIANA

Eppure, nel partito delle Stelle alpine, a guida Panizza-Rossi, le «purghe» non sembrano essere finite. Nel mirino c’è ora la presidente del Patt, Linda Tamanini , che probabilmente sarebbe stata già deferita a sua volta al collegio di disciplina se solo non fosse difesa dallo «scudo» della presidenza.

Tamanini fu eletta presidente per uscire dall’emergenza dello scandalo delle foto con saluto fascista del neoeletto Carlo Pedergnana, che durò in carica 4 giorni.

Sta di fatto che Tamanini è già stata sanzionata con un richiamo formale per il comunicato che fece a difesa dell’ex assessora comunale autonomista di Trento, Marika Ferrari, quando fu sacrificata a favore di Tiziano Uez, il quale poteva contare su appoggi ben superiori, ovvero quello del governatore Ugo Rossi in persona.

Sono molto preoccupata per le conseguenze che questa espulsione potrà avere sul Patt, perché Walter non è un semplice tesserato

A Tamanini era stato raccomandato di non aprire più bocca, soprattutto se in dissenso rispetto alla linea del segretario, proprio perché presidente e quindi «super partes». Ma la giovane dirigente del partito, anche lei di Vigolo Vattaro come Kaswalder, non ha rinunciato a dire come la pensa e in giunta Patt è stata l’unica ad astenersi sul deferimento (Dario Chilovi votò contro) e oltre tutto nei giorni scorsi ha scritto ai componenti del collegio di disciplina esprimendo la sua contrarietà all’espulsione.

L’INTERVISTA

Presidente Tamanini, cosa pensa dell’espulsione di Walter Kaswalder dal Patt?

«Penso che sia una brutta pagina per il partito. Non giudico il lavoro del collegio di disciplina, perché non ho visto le motivazioni, certo questa decisione ha scatenato molte reazioni da parte della base del partito».

È vero che c’è chi vuole restituire la tessera?

«Ho letto su Facebook le proteste delle sezioni di Rovereto e Besenello».

Kaswalder è un volto storico ed è amato nel Patt, nonostante le sue prese di posizione spesso disallineate, non sarà un’uscita indolore. È così?

«Certo, dopo 40 anni di iscrizione al partito. Il segretario Panizza dice che non si è attenuto alle regole, ma io sono molto preoccupata per le conseguenze che questa espulsione potrà avere sul Patt, perché Walter non è un semplice tesserato. Molti mi hanno chiamato per lamentarsi. Ora Kaswalder farà il suo appello, quindi la questione non è finita qui, ma andrà avanti».

Nell’ultimo anno, dal congresso del marzo scorso, chi si era esposto criticando Panizza o candidandosi contro se n’è andato o è stato messo alla porta. Cosa sta succedendo al Patt?

«Sì, praticamente sì. Walter Kaswalder è l’ultimo ad uscire. Rimaniamo solo Dario Chilovi ed io, anche nella giunta del partito. Chilovi si era presentato come candidato segretario e io come presidente con la tesi di Kaswalder, ma alla fine si era trovato l’accordo con Panizza».

Cosa resta di quell’accordo di un anno fa?

«Devo dire che non è stato tutto rispettato».

Lei si è esposta a favore di Kaswalder e già era stata richiamata per aver parlato sulla vicenda Ferrari. È vero che ora anche lei rischia il deferimento?

«Il presidente è l’unica persona che non possono deferire. Certo, possono chiedere le mie dimissioni, ma non chiudermi la bocca. Sono sempre stata catalogata come vicina a Walter e so che la mia amicizia con lui mi mette in difficoltà. Per quattro mesi ho cercato di convincere il segretario a tentare una ricomposizione per il bene del partito. Sapevo che sarebbe scoppiato un putiferio».

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