Sanità, punti nascita: la deroga è a rischio Cavalese, entro gennaio verifica con il Ministero

La Provincia non ha garantito gli standard minimi richiesti da Roma

di Luisa Maria Patruno

Entro gennaio la Provincia sarà chiamata a fare una relazione al Comitato per il percorso nascita nazionale, che l’estate scorsa aveva concesso la deroga per poter tenere aperti i punti nascita di Cles e Cavalese, nonostante non raggiungessero il numero minimo di 500 parti l’anno, a condizione che l’Azienda sanitaria trentina fosse riuscita a ripristinare le condizioni minime standard di sicurezza sulle 24 ore (dal novembre del 2015 a Cavalese il punto nascita è infatti aperto solo nelle ore diurne per mancanza di medici).

Mentre a Cles i numeri dei parti si avvicinano alla soglia dei 500 (nel 2016 sono stati 461) e comunque si è riusciti, con i concorsi fatti, a garantire tutto il personale necessario per il funzionamento del reparto a pieno regime; a Cavalese la situazione - nonostante i ripetuti e strenui tentativi di attirare pediatri - è desolante, sia per la perdurante insufficienza di medici, sia per il sempre più ridotto numero di parti.

Nel 2016 i nati a Cavalese sono stati solo 80, che vuol dire poco più di 6 parti al mese, contro i 232 del 2015 , quando già erano meno della metà del minimo richiesto.

L’assessore provinciale alla salute, Luca Zeni, sembra non avere più molte speranze di riuscire a rispondere ai requisiti richiesti dal comitato ministeriale e dichiara: «Dopo le feste faremo il punto e ci incontreremo con il Comitato percorso nascita, perché la deroga necessita di una verifica periodica del rispetto degli standard e non viene data in modo permanente.

I riferimenti sul numero di parti che abbiamo dato al Comitato per ottenere la deroga per Cavalese sono stati quelli dal 2013 al 2015, perché i dati del 2016 non sono significativi perché la notte la sala parto è chiusa e questo vuol dire più che dimezzare i numeri».

«È vero però - riconosce l’assessore Zeni - che i dati ci dicono che anche in val di Fiemme e Fassa come nel resto del Trentino e d’Italia il trend è quello di una riduzione della natalità. Quindi i nati potenziali di tutto il bacino sono in calo. Ma il tema ora non è il numero di nati ma la capacità di garantire gli standard necessari per ripristinare il servizio sulle 24 ore e questo non siamo ancora riusciti a farlo».

C’è infatti una difficoltà oggettiva nel riuscire a reperire i professionisti necessari, soprattutto i pediatri. E questo nonostante i vari concorsi fatti. Un punto nascita con numeri molto bassi come quello di Cavalese è infatti meno attrattivo per un professionista che vuole crescere professionalmente.

«Dopo le feste - dice Zeni - vedremo se ci sono altri tentativi possibili e poi decideremo. La deroga che ci è stata concessa non è definitiva e quindi dovremo confrontarci con il Comitato nazionale, come previsto, che ci aveva chiesto di riuscire a ripristinare il servizio H24».

L’ultimo concorso per pediatri aveva prodotto la disponibilità solo di due pediatri ad andare a Cavalese, anche se non si sa se alla fine saranno disposti a dare l’esclusività a questo ospedale o solo per alcuni giorni alla settimana.

Una sola domanda poi era stata presentata per la mobilità, ovvero il trasferimento da altri ospedali fuori provincia. Per fare funzionare un punto nascita sulle 24 ore è necessaria la presenza di almeno sei pediatri. Visto che ne manca la metà e che non ci sono pediatri in servizio a Trento o Rovereto che hanno dato la loro disponibilità a lavorare anche sulla sede di Cavalese, come invece è accaduto per Cles, è chiaro che il destino del punto nascita della Val di Fiemme appare sempre più segnato.

Ma come per Arco e Tione alla fine formalmente non sarà la Provincia a decretarne la chiusura ma il Comitato percorso nascita del ministero della Salute.

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