Olivi: «Il sistema trentino degli appalti è al collasso»

L'assessore provinciale: «Le imprese hanno grandi colpe». Ci sono 45 milioni di euro che rischiano di andare in fumo

La crisi economica rende decisamente cattivi. E la conferma arriva dagli appalti pubblici costantemente bloccati da ripetuti ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato con il risultato di congelare investimenti e cantieri dilatando i tempi all’inverosimile.

Il caso Progetto Manifattura - con 45 milioni di euro che rischiano di finire in fumo privando la città della Quercia di un rilancio economico ed occupazionale decisamente importante - è solo la punta di un iceberg. Da anni si aspetta di partire con i lavori ma tutto è bloccato tra faldoni, studi legali e aule dei tribunali amministrativi, sia a Trento che a Roma.

L’assessore all’industria e allo sviluppo economico, che è pure vicepresidente della Provincia, Alessandro Olivi si dice stufo di brusche frenate che stano ricacciando nel baratro anche il potenzialmente opulento Trentino. E attacca. A gamba tesa.

Assessore, perché la nostra economia non decolla?
«Per intoppi tecnico-giuridici e burocratici. Non se ne può più. Il sistema è al collasso e così non si va da nessuna parte. È un corto circuito e la colpa non è solo della politica».

Anche gli imprenditori hanno di che, diciamo così, vergognarsi?
«Sì, hanno una parte di colpa anche loro. Mi rendo conto che c’è crisi e che i lavori pubblici sono ridotti al lumicino ma le imprese si stanno cannibalizzando. Ormai presentano ricorsi al Tar a prescindere, ogni volta che non riescono ad aggiudicarsi una gara».

Così, però, non si va da nessuna parte.
«Appunto! Il sistema delle opere pubbliche, ripeto, è al collasso. E a farne le spese è la comunità intera. Che ha bisogno di investimenti per lo sviluppo e l’occupazione».

La pioggia di milioni che doveva cadere sull’ex Manifattura Tabacchi e invece se ne resta altrove è un segnale preoccupante. Salta il banco?
«Il rischio è forte. Ma ci sono molti altri esempi. Sulla Manifattura di Borgo Sacco abbiamo fatto una scelta strategica politica forte, decisa: convogliare lì i fondi europei per rigenerare un vecchio sito produttivo e creare opportunità di insediamento di nuove aziende e nuovi posti di lavoro».

Ma burocrazia e giustizia, meglio sarebbe dire leggi vigenti, stanno bloccando tutto?
«Già, e questo non va bene. Ripeto, c’è un corto circuito burocratico e giudiziario che rende tutto vano perché ad ogni appalto si nasconde dietro l’angolo l’insidia di ricorsi e stop a tutti gli sforzi per cercare di uscire dalla crisi e ricreare un tessuto economico e quindi sociale. Purtroppo il sistema è impazzito».

Rischiamo di perdere 45 milioni per la Manifattura e le imprese hanno grandi colpe


Far ripartire l’economia attraverso i lavori pubblici è dunque praticamente impossibile?
«Siamo ostaggi di un sistema pubblico impazzito. Non si può più continuare così. Se a questo ginepraio assurdo si somma poi il cannibalismo delle imprese è chiaro che non si riesce a rilanciare l’economia».

La colpa, insomma, è da dividere tra pubblico e privato?
«È chiaro che il pubblico, inteso come sistema normativo e come burocrazia, ha le colpe maggiori. Ma è altrettanto chiaro che c’è irresponsabilità da parte delle imprese. Ormai è un gioco al massacro e fare ricorso al Tar per qualunque appalto, anche magari sapendo di non avere appigli per vincere in tribunale, è scontato».

Però non se ne esce visto che serve una riforma a livelli ben più alti.
«Questo è innegabile: così non si può più andare avanti».

Intanto c’è la grana Manifattura. Il Consiglio di Stato ha rimandato a giugno ed è arrivato un altro ricorso al Tar, tanto per cambiare.
«Tutta sta roba non va bene. È arrivato il momento di mettere in sicurezza le risorse assegnate dal bilancio provinciale e ripartire. Se questa strada è fattibile proverò a cancellare il progetto e farne un altro parcellizzato, con piccoli lotti funzionali in modo da aggirare le fregola da Tar delle imprese e affidare singoli comparti per non perdere finanziamenti e opportunità di sviluppo. Perché è ora e tempo di vedere una ruspa all’opera alla Manifattura».

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