Dà del delinquente a Salvini e finisce davanti al giudice

A margine di un consiglio comunale di Rovereto il Pd Paolo Mirandola, avvocato, ha usato termini che il segretario della Lega Nord ha ritenuto offensive. È quindi scattata la querela e il caso verrà dibattuto venerdì prossimo

L’avvocato Paolo Mirandola sarà portato davanti a un giudice. A portarcelo è l’europarlamentare, nonché segretario federale della Lega nord Matteo Salvini, che lo ha querelato per diffamazione. Secondo l’esponente del Carroccio le opinioni espresse dall’ex consigliere comunale del Pd durante una seduta del consiglio superano i limiti del diritto di critica.

Nel mirino soprattutto termini come «mascalzone, delinquente abituale per tendenza». Risultato: venerdì prossimo si aprirà il processo in cui Salvini è parte lesa e, come detto, Mirandola imputato.

I fatti risalgono al 3 marzo 2015. In quei giorni la Lega a Roma aveva organizzato una manifestazione in cui erano stati coinvolti anche parecchi giovani di Casa Pound, non solo italiani. Una giornata che aveva causato grandi polemiche e che evidentemente aveva toccato la sensibilità di Mirandola, antifascista.

In quei giorni a Rovereto si tenne il consiglio comunale. Quel giorno in aula il consigliere della Lega Nord Viliam Angeli si presentò con una felpa - lo stesso modello che Salvini indossava nelle mobilitazioni di questi giorni - con la scritta: «Renzi a casa». Questa la miccia.

La reazione di Mirandola arrivò a fine seduta. Con una dichiarazione rimasta agli atti: «Ultima considerazione doverosa. Qui il collega Angeli ha indossato la maglietta “Renzi a casa”. Io ho su questa cravatta, non si vede, ma ho scritto Salvini in galera! Salvini, un mascalzone, un delinquente abituale per tendenza, inserito naturalmente in un discorso politico, ha radunato in piazza del Popolo il peggio del Paese, le associazioni che sono venute dalla Germania, dalla Grecia, da altri Paesi, le più destre possibili, le più pericolose possibili.

Noi qui non faremo mai l’Aventino perché se si tratta di misurarsi e di scontrarsi, siamo pronti anche con altri mezzi a misurarci con questa gentaglia. Io dico che è la feccia del Paese e quindi concludo dicendo: Salvini in galera».

Un j’accuse che non è piaciuto all’europarlamentare del Carroccio, venuto a sapere del siparietto in consiglio comunale. Risultato: è scattata la querela per diffamazione. E ora il caso finisce davanti al giudice di pace.

Mirandola, a differenza dei parlamentari, non gode dell’immunità nell’esercizio delle sue funzioni. Per questo il sostituto procuratore Fabrizio De Angelis ha ritenuto vi fossero gli estremi per andare a giudizio.

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