Banda trentina, ragazzini a caccia di eroina da fumare

La cocaina per i professionisti e per le persone più abbienti. L'eroina, invece, destinata a chi appartiene ad un ceto medio basso, ma anche ai giovanissimi. Ci sono molti minorenni, infatti, tra i clienti della banda dedita allo spaccio sgominata dalla polizia. Ragazzini a caccia di quella che viene considerata la «droga dei poveri». Eroina da fumare, probabilmente nella convinzione - sbagliatissima - che non iniettata in endovena sia meno dannosa e non ti trascini nel buco nero della dipendenza e della distruzione. 

Non conosceva crisi l'attività di spaccio contestata a quindici stranieri - «galoppini» tunisini e mente albanese - come dimostra il giro d'affari a sei cifre riportato nel corso della conferenza stampa dal vice questore Paolo Grossi della sezione di polizia giudiziaria presso la procura di Trento e dal capo della squadra mobile, Salvatore Ascione: i mille episodi di spaccio al dettaglio accertati e la droga sequestrata sono lo specchio di un giro d'affari da 800 mila euro. Basti pensare che, da quanto emerso nel corso dell'indagine, in un'occasione sarebbero stati trasportati tra i 20 e i 30 chili di droga in un borsone da palestra.

La sostanza stupefacente, acquistata a Brescia, veniva poi confezionata in casa e nascosta all'interno delle abitazioni degli arrestati: persone insospettabili che, accanto ad un impiego da padroncino o da autista affiancavano lo spaccio. La sostanza veniva occultata sotto il battiscopa o nelle intercapedini della casa, pronta per arrivare poi nei «classici» luoghi dello spaccio, dove i clienti andavano a caccia della dose: da piazza Dante alla Portela o Santa Maria. Ma il gruppo non agiva solo sull'asse fra Cristo Re e Gardolo, dove i membri dell'organizzazione vivevano con le famiglie ed organizzavano la florida attività. La banda, secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini, aveva una «succursale» anche in Val Pusteria, per l'esattezza a Brunico, dove tre degli arrestati - tutti kosovari - avrebbero piazzato 200-300 grammi di droga alla volta.

Ed è stato proprio partendo dalla piazza, dal gradino più basso della piramide, che gli investigatori della sezione di pg presso la procura, coordinati dal pm Davide Ognibene, sono arrivati al gotha albanese dello spaccio. A dare il via all'operazione, infatti, è stato un contenzioso sorto tra cliente e fornitore. Un'estorsione maturata nell'ambiente dello spaccio, dove un giovane consumatore, dopo avere cumulato un debito consistente nei confronti di chi lo riforniva, era stato oggetto di pesanti minacce. Da questo episodio, all'apparenza marginale, considerato che l'ambiente dello spaccio non è fatto di «signorine» e spesso non si va tanto per il sottile, gli investigatori hanno ricostruito tassello dopo tassello un mosaico molto più vasto e complesso.

Operazione non facile, perché i membri dell'organizzazione erano molto scaltri. Nessuna frase in codice per comunicare luoghi di consegna o arrivo della merce. Nessun riferimento che potesse tradire la natura della conversazione. Le telefoniche erano scarne: «Ci vediamo per un caffè». Lo scorso febbraio la prima «tappa» dell'indagine, con l'arresto di 14 persone, raggiunte da un'ordinanza di custodia cautelare in carcere. Nei giorni scorsi la seconda ondata di arresti, per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti. Quindici le custodie in carcere eseguite dalla polizia (più una persona ai domiciliari), mentre per sei latitanti è stato emesso un mandato di cattura internazionale. Si tratta di persone fuggite in Albania. Circostanza che conferma l'alto livello e la scaltrezza dell'associazione criminale, in grado di organizzare la fuga non appena capito che gli inquirenti si stavano avvicinando alla banda.

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