Le 90 primavere della signora dei colori

di Patrizia Todesco

«Il segreto della mia vitalità? Il lavoro», ammette candidamente Pia Sembenotti, conosciutissima in città per aver lavorato 65 anni dietro al banco del suo negozio «Pasquali colori» di via Mazzini.
«Cinque anni fa, a  85 anni, ho smesso di lavorare anche se ogni giorno alle 9 del mattino con la mia macchina raggiungo il negozio, che è ora gestito da mio figlio Claudio e dalla moglie Rita». Un’occhiata veloce, due chiacchiere, un caffè al bar, la spesa rigorosamente in via Mazzini e poi il ritorno a casa.

Ieri, questa donna arzilla, dai ricordi nitidi e dal fare cordiale acquisito anche grazie agli anni vissuti a contatto con clienti di ogni tipo, ha spento novanta candeline. «Auguro a tutti di raggiungere questo traguardo, ma con la mente lucida», dice mostrando di apprezzare la sua forma ancora smagliante. Mamma di tre figli (Gabriella, Giovanna e Claudio), nonna di cinque nipoti e bisnonna di due, questa donna è completamente autosufficiente. Durante le sue giornate lavora nell’orto curando i suoi fiori e il suo giardino, si diletta con la Settimana Enigmistica, gioca a carte e di notte, quando non dorme, legge. «Di giorno il giornale lo riesco a leggere anche senza occhiali, ma di notte li metto per non affaticarmi troppo», ammette mentre mostra una pila di libri che la figlia ha preso in prestito per lei in biblioteca.

Secondogenita della numerosa famiglia Sembenotti (erano sette fratelli) di Campotrenino, la signora Pia ha iniziato presto a lavorare. Ancora quando studiava ragioneria, negli anni della guerra, faceva la segretaria a Groff, compagno del conte Manci.
«Guadagnavo 120 lire al mese, ma mia mamma me ne lasciava 10 con le quali facevo colazione ogni mattina e mi toglievo lo sfizio di comprarmi qualche paio di calze. All’inizio andavo a scuola, alla ragioneria, in via Orfane, ma bombardarono e morirono segretaria e tutti i professori. Allora nel 1945 la scuola venne trasferita al castello di Pergine e in quell’anno ci diplomammo in 7», ricorda.

Fu nel 1952 che il marito, Guido Pasquali, acquistò, insieme al fratello, il negozio di via Mazzini dove venne quindi trasferito il commercio di colori che già nel primo dopoguerra la famiglia Pasquali aveva avviato in via Manci. «In quel tempo non c’era nessuno dei negozi che ci sono adesso in via Mazzini. Al posto del panificio c’era l’orefice Bernardi, poi c’era la sartoria Vecchio. L’unico rimasto è il Merz della verdura che ha cambiato più volte gestione». Eppure per questa donna via Mazzini è la sua casa. Qui viene ogni giorno, qui fa la spesa, qui ha le sue amicizia e in Duomo va a Messa.

«Il negozio è stata la mia vita. All’inizio trattavamo soprattutto con i pittori, ma poi il sindaco ha vietato l’accesso alle macchine nella via. Per noi è stato un disastro e abbiamo dovuto cambiare tipo di prodotto, mettendo in vendita anche cose più piccole che non avessero bisogno di mezzi per essere trasportate». La signora Pia, oltre che un’abile commerciante, è stata anche un’ottima sarta. «A 13 anni ho fatto il primo vestito per mio papà e ho cucito entrambi gli abiti da sposa delle mie figlie che fino a 18 anni non hanno comunque mai avuto bisogno di andare in negozio a comprarsi abiti. Del resto un tempo le donne in prima imparavano a fare calzini, in seconda il ricamo, in terza la sottoveste e in quarta la camicia da notte. Poi io la sera andavo in corso Buonarroti dove veniva un sarto da Milano che ha insegnato anche a quelli che sono diventati poi i più famosi sardi della città».

Nessun rimpianto nella vita di questa donna. «Lavorare dietro la banco mi è sempre piaciuto. Ho avuto tante soddisfazione anche se ci sono stati clienti che avrei preso per il collo. Ma si sa, i clienti hanno sempre ragione e bisogna far buon viso a cattivo gioco. Il bello è stato però lavorare a contatto con le persone. Lì mi conoscevano tutti e ancora oggi, quando la mattina passo in negozio, mi abbracciano e mi dimostrano affetto».

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