Cadde dal tetto, vita rovinata Infortunio sul lavoro da 4 milioni

L'incidente era avvenuto a Fiavè

La vita di una persona, anzi la vita di un’intera famiglia, può essere sconvolta da un piede messo in fallo. Una scivolata su un tetto di una stalla ha devastato l’esistenza di un elettricista quarantenne delle Giudicarie. Il parapetto in legno non resse e il tecnico precipitò a terra da circa 5 metri di altezza riportando lesioni gravissime. Anzi, più che gravissime. L’invalidità permanente del 90% significa che l’elettricista non è più la stessa persona: per spostarsi usa una sedia a rotelle, è tornato a vivere con i genitori che hanno realizzato per lui un appartamento a misura delle sue disabilità, ha bisogno di assistenza continua perché non è più autosufficiente, con il figlio non può più essere il papà che era prima dell’infortunio sul lavoro. L’enorme danno patito è stato quantificato in 4 milioni di euro. È questa la cifra richiesta dalla vittima attraverso l’avvocato Massimiliano Versini di Arco, legale di parte civile nel processo celebrato a Trento per l’infortunio accaduto a Fiavè, in località Curè, il 3 novembre del 2011.

Era in corso la ristrutturazione di una stalla. Gran parte delle opere erano già state realizzate. Mancavano ancora i pannelli fotovoltaici sul tetto. L’impresa a cui erano stati commissionati i lavori aveva affidato gli interventi di natura elettrica ad un’impresa individuale. Quel giorno di novembre l’elettricista salì sul tetto per completare il suo intervento. È probabile che ci fosse brina e la copertura fosse scivolosa, ma il cantiere sembrava ben  protetto: c’era la linea vita a cui era possibile assicurarsi e soprattutto c’erano sul bordo i parapetti in legno che dovevano bloccare  eventuali cadute. Invece l’elettricista cadde, scivolò sulla copertura, sbatté contro il parapetto che, incredibilmente, si ruppe con conseguenze terribili.

L’inchiesta chiarì la dinamica dell’incidente: secondo l’accusa il parapetto non solo era stato montato male, ma erano state usate tavole di un legno non idoneo. La procura chiuse le indagini chiedendo il giudizio per cinque imputati. Enrico Guiotto, titolare della ditta che aveva installato le opere provvisionali, patteggiò la pena. Un secondo imputato, rappresentante dell’azienda  costruttrice dei parapetti, venne  prosciolto. Tre imputati hanno invece affrontato il processo e sono stati condannati. Si tratta di Guglielmo e Luca Zambotti, padre e figlio allevatori di Fiavé: sono il proprietario della stalla e il legale rappresentante dell’azienda zootecnica dove vennero eseguiti i lavori. Entrambi, difesi dall’avvocato Stefano Frizzi, respingevano tutte le accuse. Secondo la difesa i due imputati, che sono allevatori e dunque non hanno alcuna cognizione in materia edilizia, avevano affidato i lavori a ditte specializzate ed avevano anche nominato un proprio coordinatore per la sicurezza. Secondo la difesa avevano dunque fatto tutto quanto potevano per garantire la sicurezza dei lavori.

Il giudice Enrico Borrelli li ha condannati per il solo reato di lesioni gravissime (non dunque per le violazioni antinfortunistiche) a 1 anno di reclusione. È stato condannato per entrambi i capi di imputazione Aldo Tolettini (pena di 1 anno e 5 giorni), imprenditore di Storo, titolare dell’impresa che aveva affidato i lavori elettrici alla parte lesa. Anche Tolettini respingeva ogni accusa  sottolineando che le opere provvisionali erano state installalte da una ditta specializzata.

Ancor più delle pena, per cui tutti gli imputati beneficiano della sospensione condizionale, preoccupano gli aspetti risarcitori. La parte civile chiede infatti 4 milioni di euro. Una cifra ingente, ma anche il danno appare enorme. Le spese per adeguare la casa alle esigenze della parte lesa  sfiorano i 200 mila euro. E poi ci sono circa 2 milioni di euro di lucro cessante, cioè i mancati guadagni per gli anni a venire da parte dell’elettricista a cui gli affari, prima di quel maledetto piede in fallo, andavano molto bene.

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