Incendio alla Torre civica inchiesta archiviata

di Flavia Pedrini

L'inchiesta sull'incendio che il 4 agosto scorso ha devastato la torre civica di Trento finisce in archivio: dalle indagini, svolte a tempo di record, non sono infatti emersi elementi di rilevanza penale. Il procuratore capo Giuseppe Amato e il sostituto procuratore Maria Colpani, titolari dell'indagine, anche alla luce di quanto emerso dalla relazione conclusiva dei vigili del fuoco permanenti (che hanno condotto le indagini con la polizia), hanno dunque deciso di archiviare il fascicolo. Ma cosa ha provocato l'incendio al monumento simbolo della città? Il rogo non è stato certamente doloso, ma è riconducibile a un problema all'impianto elettrico, anche se individuare la causa specifica tra le tre ipotesi emerse (quadro elettrico, gruppo di continuità o alimentazione dei led) risulta impossibile. 

«Abbiamo discusso tutti i punti emersi dagli accertamenti condotti dai vigili del fuoco e dalla squadra mobile - conferma il procuratore capo Amato, al termine dell'ultimo briefing con i pompieri permanenti - Siamo arrivati alla determinazione che l'evento incendiario è da connettersi a un problema relativo all'impianto elettrico, ma di fronte alla pluralità di ipotesi alternative, non era possibile individuare una causa specifica e, comunque, non vi è alcun elemento che accrediti una situazione di possibile rilevanza penale». A quel punto, anche procedere con ulteriori verifiche rispetto a possibili responsabilità soggettive, sarebbe stato inutile. «Da oggi (ieri ndr) è possibile l'accesso alla torre, con la rimozione dei detriti, che erano stati conservati in attesa di ulteriori accertamenti tecnici che non sono stati necessari e abbiamo disposto il provvedimento di archiviazione». 

A tre settimane dal rogo, dunque, l'indagine è chiusa. «Ho apprezzato molto l'opera dei vigili del fuoco e della questura (Squadra mobile e Digos, con l'ausilio della polizia scientifica), che in tempi molto celeri hanno escluso la dolosità dell'incendio e hanno, pure nella assenza di reperti significativi, focalizzato l'attenzione su queste ipotesi alternative». Sotto la lente degli inquirenti, come detto, è finito l'impianto elettrico, anche se, va detto, viene rilevata «la regolarità costruttiva che, a quanto consta, ha caratterizzato la progettazione e l'esecuzione dell'impianto». Dunque, come conferma Amato, era a norma. 

Gli investigatori sono convinti che le fiamme siano partite da lì, «ma non vi è certezza - viene argomentato anche nel provvedimento di archiviazione - sulla parte dell'impianto cui fare riferimento ai fini del nesso eziologico». Ovvero per stabilire il nesso causale tra il problema ad una delle componenti e lo sviluppo dell'incendio. Per quanto riguarda le tre piste seguite, la prima riguardava appunto eventuali problemi al quadro elettrico, anche se appare improbabile che si sia verificato «quel collassamento della struttura che rappresenterebbe evidenza necessaria per quel gocciolamento di materiale incandescente da considerare causa dell'incendio». Per quanto riguarda il gruppo di continuità (sostituito da poco), altro «indiziato», non sembrerebbe essere entrato in funzione prima dell'incendio. Gli inquirenti hanno quindi vagliato anche l'ipotesi di una surriscaldamento degli alimentatori dei led posti in scatole di materiale plastico stagne, ma queste sarebbero testate - come hanno accertato i vigili - per resistere a temperature molto elevate. Certezze, però, non ce ne sono. 

Peraltro resta aperta l'ipotesi dell'evento accidentale: «Anche ad ammettere la prova della causa rispetto ad una delle tre situazioni di cui si è detto - si legge - neppure potrebbe escludersi l'accidentalità dell'evento, siccome riconducibile non a condotte colpose (progettuali o esecutive), bensì a eventi eccezionali, naturali e/o fisiologici, in termini tali da escludere quella prevedibilità e la conseguente evitabilità che sono condizioni essenziali dell'addebito colposo». La procura esclude infine che il rischio incendio sia stato sottovalutato. «È condivisibile la scelta - rileva Amato - di non procedere al rilascio della certificazione anti incendio». Questo a fronte della particolare tipologia del torre civica (aperta) e delle modalità di visita del manufatto, concordate tra Comune e Museo diocesano.

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