Procurarsi venti euro di hashish? In piazza Dante ci vogliono 6 minuti

È più facile di quanto si creda. Abbiamo accompagnato un consumatore abituale di hashish in questa impresa, e scopriamo che l'acquisto di un pezzo di «fumo» in piazza Dante si risolve in pochi minuti

È più facile di quanto si creda. Abbiamo accompagnato un consumatore abituale di hashish in questa impresa, e scopriamo che l'acquisto di un pezzo di «fumo» in piazza Dante si risolve in pochi minuti. Sei, per la precisione. «Fumo solo hashish, le altre sostanze non mi interessano» vuole precisare il nostro contatto. «A me interessa farmi una canna la sera prima di dormire - prosegue - e se potessi coltivarmi la mia piantina di marijuana stai pure sicuro che eviterei di rischiare una segnalazione al Sert per un po' di insonnia o per un po' di relax dopo l'ufficio».

Sta di fatto che in un lunedì di agosto, attorno a mezzogiorno, al nostro contatto non rimane che il bazar di piazza Dante per procurarsi un po' di hashish, e noi ci incamminiamo con lui alla ricerca di 20 euro di «fumo». «Tu non dire niente - dice - faccio tutto io. Se te lo chiedono sei un mio amico». Con queste parole sembra che la situazione possa rivelarsi tesa e difficile, ma non è così: tutto si risolve con la massima tranquillità, quasi con umanità. È pieno giorno ed appena entrati nei giardini, sul lato nord a ridosso del palazzo della Provincia, un ragazzo in jeans e maglietta ci nota. Ci nota perché è evidente che stiamo cercando qualcuno, qualcosa. È chiaro che il nostro vagare non è quello del passeggio rilassato del turista o quello concentrato dell'impiegato appena sceso dal treno.

«Ehi, tutto bene, tutto a posto?» ci chiede un ragazzo che dall'accento capiamo essere di origini magrebine. Un ragazzo come un altro, che tradisce le sue origini solo dalla parlata italiana un po' stentata. Avrà non più di trent'anni e dietro di lui altri due suoi compagni più giovani. Quando il nostro contatto gli chiede esplicitamente del «fumo», il ragazzo si rivolge in arabo a quelli dietro di lui, che se ne vanno via subito, forse a recuperare la merce. Con lui rimaniamo ad aspettare. Si chiacchiera del più e del meno, si parla del tempo, del caldo. «C'è tanta polizia oggi - ci racconta - bisogna stare attenti». Per questo ci chiede di non rimanere fermi in piedi, ma di sederci con lui su una panchina. Noi ci guardiamo attorno, persone in divisa non ne vediamo. La piazza è abitata come al solito, alcune mamme con i bambini, alcuni che attraversano a passo spedito il listone che conduce alla stazione. Ci raggiunge uno dei ragazzi che prima erano con lui. Gli passa veloce il «fumo». «Quanto «fumo» vuoi?» chiede al nostro contatto. «Venti euro» risponde. Il ragazzo magrebino spezza con i denti un pezzo più grande, lo soppesa in mano e lo mette nelle mani del nostro contatto che lo guarda e non sembra del tutto soddisfatto. «È poco», dice, rivolto al ragazzo.

In un mercato si contratta, forse fa parte del gioco, forse della cultura che anima ogni bazar mediterraneo. Il tutto si risolve con qualche sorriso, con accuse scherzose di tirchieria e con un altro pezzo di «fumo» che scivola nelle mani dell'acquirente. Il clima è rilassato, si scherza, anche se gli occhi vigili del venditore non smettono di controllare la piazza, di scambiare segni di intesa con alcuni altri che girano attorno a bordo delle bici, oppure con i due che prima lo accompagnavano che continuano a camminare attorno a noi, a pochi passi di distanza. «E il tuo amico non vuole niente?» chiede guardandoci negli occhi. «Lui non fuma» risponde pronto il nostro contatto. «Cosa vuole allora, coca, roba?». Piazza Dante è anche questo, il tentativo di vendere tutto quello che c'è sul mercato. Il ragazzo ci prova, vuole proporci cocaina e roba, ovvero eroina. Diciamo che non siamo interessati, che basta così. «Tranquilli, no problema - ci dice in questo italiano improvvisato - prossima volta venite da me che io tratto voi bene». Noi salutiamo, ce ne andiamo. Una stretta di mano, una pacca amichevole sulla spalla.

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