La mafia a tavola: un giro d'affari da 4,3 miliardi di euro

La mafia a tavola: il business dell’illegalità gastronomica, che aggredisce il made in Italy, conta su un giro di affari che vale 4,3 miliardi di euro, registrando un incremento dell’840% rispetto allo scorso anno.
Questa la fotografia di un nuovo fronte della criminalità ambientale scattata da Legambiente che anticipa i dati sulle «agromafie» contenuti nel prossimo rapporto annuale Ecomafie 2015.

Uno scorcio di illegalità che nell’agroalimentare vede consumarsi più di 21 reati al giorno: in tutto 7.985 le infrazioni penali accertate nelle varie filiere agroalimentari, con 14.917 denunce penali e 126 arresti, a fronte di quasi 200 mila controlli effettuati dalle forze dell’ordine, e il sequestro di beni per un valore stimato di oltre 3,6 miliardi (cifra che schizza a più di 4,3 miliardi se si aggiungono anche il valore delle sanzioni e i contributi illeciti percepiti).

Ma a «mangiare» non ci sono solo i clan, spiega Legambiente: basti pensare allo «spaccato di un’imprenditoria truffaldina e pericolosa» pronta «a calpestare ogni legge» pur di lucrare. Ed è così che la fila si allunga di «un lungo campionario di contraffazioni, adulterazioni, sofisticazioni, che colpiscono soprattutto i marchi a denominazione protetta, vanto dell’enogastronomia di qualità». Tanti sono infatti anche i reati nel settore della commercializzazione e lavorazione dei prodotti ittici: sono stati 5.934 che hanno portato a 353 denunce penali e al sequestro di prodotti per 31,6 milioni, a 949 strutture chiuse e sequestrate, a più di 291 milioni di capi e confezioni sequestrate. Il numero più alto di denunce penali riguarda il settore carni e allevamenti (761), seguito dalla ristorazione (751), latte e derivati (447), farine, pane e pasta (393).

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