Al Muse con Fabiola Gianotti, la «regina» della fisica

Una fisica bestiale tra gli animali appesi nel vuoto firmato Piano. La donna oggi più ammirata e lodata d'Italia, la direttrice eletta e designata del Cern Fabiola Gianotti, 52 anni, è allunata ieri alle sette della sera sul pianeta Muse, accompagnata dal fiero presidente matematico Marco Andreatta a vedere il museo della scienza più trendy d'Italia e la nuova mostra «Oltre il limite». 

L'Adige  ha potuto intervistarla mentre una squadra di giovani guide scientifiche (lode al Muse che crea un po' di posti di lavoro per i giovani laureati) ricevevano le ultime istruzioni sul bosone di Higgs e dintorni.

 

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«L'Adige» ha rivolto a Fabiola Gianotti, minuta e acuta e arguta, reduce dal Quirinale e alluvionata dalle lodi politiche, rosavestita, sette domande.


Lei ha detto che un risultato come il suo si raggiunge con un mix di modestia, determinazione, coraggio. Nessuna percentuale di genio?


«È ciò che consiglio ai giovani che vogliono fare la carriera di ricercatore scientifico. Bisogna essere molto umili ma anche molto determinati».


Ma immagino che lei cerchi di praticare lo stesso mix di virtù.


«Cerco di essere umile e modesta, e metto molta energia e passione in quello che faccio. Non penso di essere una persona particolarmente geniale. Ho un'intelligenza normale, e affronto le sfide con quel mix di atteggiamenti».


È vero che per diventare una brava fisica le è servito fare molte torte?


«Ho fatto il fisico sperimentale e non il teorico perché mi piace lavorare con le mani. Ci sono affinità tra la cucina e la fisica, entrambe richiedono il rispetto di regole fisiche e matematiche: se lei fa un soufflé e lo mette nel forno e la temperatura non è perfetta, il soufflé si affloscia. E ci vuole creatività, sia nella ricerca sia nella cucina: se si seguono le ricette in modo pedissequo, non si fanno grandi scoperte».


Come spiegherebbe a un ragazzo di 14 anni che cos'è il Cern e a cosa serve?


«Che è un posto magnifico in cui si cerca di capire com'è fatta la materia di cui tutti siamo fatti, e insieme ci permette di capire la struttura dell'universo. È un posto in cui sperimentiamo tecnologie di punta con grandissime macchine acceleratrici. È un posto meraviglioso in cui scienziati di tutto il mondo lavorano insieme in modo pacifico e si divertono moltissimo».
Il Muse è un boom di pubblico: la pop-scienza per bambini e famiglie, servirà a creare nuove generazioni di scienziati?
«È fondamentale, non solo per le nuove leve ma perché la scienza è di tutti, come l'arte. E non si dipinge un quadro per tenerlo per noi stessi, lo si fa per l'umanità: dunque è importantissimo divulgare bene la scienza».


Resteranno solidi, nonostante la crisi, i finanziamenti per il Cern?


«Spero che non diminuiscano, che possano aumentare. Il Cern è un punto di riferimento molto speciale, non solo per l'Europa ma per il mondo, anche per il suo ruolo sociale: fa lavorare insieme scienziati che vengono anche da Paesi che talvolta non si riconoscono l'un l'altro il diritto all'esistenza. È un patrimonio vivente dell'umanità».


E gli italiani conservano un ruolo di punta, al Cern, come dimostra la sua elezione.


«Assolutamente. L'Italia è tra i Paesi fondatori, Edoardo Amaldi è stato tra i suoi padri. Abbiamo avuto due direttori generali, Carlo Rubbia e Luciano Maiani. Siamo il contingente più numeroso, 1.500 fisici su 11mila. L'Istituto nazionale di fisica nucleare fornisce cervelli e tecnologie, il governo dà le risorse, insomma il ruolo dell'Italia è di altissima eccellenza».


Michele Lanzinger è un genio e un Creso, nel trasformare in oro ogni frammento del Muse. La nuova mostra che si inaugura oggi (idea di Roberto Battiston; curatori, bravissimi nel comunicare entusiasmo perfino nella preview per i cronisti, Vincenzo Napolano e Francesca Scianitti dell'Infn) - sta in fondo tutta in una sala con due modellini, tre schermi e quattro pareti interattive: la radiazione cosmica di fondo, residuo termico del bagliore primordiale, i neutrini che ci raccontano l'universo un miliardesimo di secondo dopo l'esordio (non è stato un big bang ma un'enorme espansione dello spazio in un tempo infinitesimale piccolo), e la materia oscura, e l'energia oscura che spinge l'universo, il tutto ad allontanarsi da tutto, verso la morte termica tra qualche milione di anni, e i limiti dell'invisibile. Con i dovuti «effetti speciali» che videosimulano come il nostro corpo interagisce con lo spazio, che è dinamico e curvo e pieno di cose, e non fisso e semivuoto come noi profani immaginiamo...


Ma la vera emozione è piccola: quella della «camera a nebbia», che grazie all'alcol soprasaturo che si condensa, ci mostra i protoni e le particelle alfa che lasciano scie di materia come piccole lumache, tracce di quell'infinitamente piccolo che si nasconde nel corpo nostro e in quello dell'universo.

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