Un'emergenza chiamata Covid

Un'emergenza chiamata Covid

di Paolo Micheletto

È difficile stabilire una data sicura di inizio della tragedia legata al coronavirus nel mondo. Con ogni probabilità non avremo mai la certezza su “come” si è sviluppata la pandemia e “quando”. Di sicuro sappiamo che tutto è nato a Wuhan.

Una città con più di dodici milioni di abitanti nella Cina centrale, grande polo di scambi commerciali e sede universitaria molto importante.
Con l’aiuto dell’Istituto di ricerca Mauro Negri ricordiamo che le ipotesi che girano in rete sono tante, dalle teorie naturali a quelle più complottiste. Un gruppo di ricercatori internazionali, con una pubblicazione su Nature Medicine, ha puntato su due possibili scenari riguardanti le origini del Covid-19. La prima riguarda la selezione naturale in un animale ospite (un pipistrello o un pangolino) prima del salto di specie: il nuovo coronavirus è probabilmente passato dagli animali all’uomo al mercato della carne e del pesce di Wuhan. La seconda ipotesi prevede invece una selezione naturale nell’uomo dopo il salto di specie: è possibile cioè che un coronavirus antenato del Covid-19 si sia introdotto nel genoma umano, adattandosi man mano che si trasmetteva da uomo a uomo mediante eventi di mutazione genetica. Fino a quando poi si sarebbe “fortificato” a tal punto da far scattare la pandemia.

Se cerchiamo una prima data “ufficiale” in cui l’emergenza legata al nuovo virus è stata ammessa pubblicamente, questa potrebbe essere il 20 gennaio 2020: quel giorno il presidente cinese Xi Jinping decide di lanciare al mondo l’allarme su una possibile epidemia.
È facile pensare che le autorità cinesi sapessero da tempo che il mondo avrebbe corso il rischio di una tragedia finora sconosciuta: da settimane, infatti, nella città di Wuhan si registravano centinaia di casi di polmoniti sospette, molte delle quali avevano portato alla morte.

Lo stato maggiore cinese il 14 gennaio aveva organizzato una riunione dedicata al virus, ma dal vertice politico tutto era rimasto in silenzio per altri sei giorni. Anzi, per buona parte del primo mese dell’anno erano stati organizzati banchetti e feste di massa, mentre milioni di cinesi avevano iniziato a viaggiare per il Capodanno lunare. Non a caso, secondo una ricostruzione dell’Associated Press, quando Xi Jinping fa le sue prime ammissioni sul nuovo virus più di tremila persone sono già contagiate. Secondo la stessa fonte, dal 5 al 17 gennaio centinaia di persone si erano recate in ospedale non solo a Wuhan, ma anche nel resto del Paese, con sintomi simili tra loro. Il 2 gennaio, invece, la tv nazionale aveva riportato la punizione di otto medici per la diffusione di “pettegolezzi”: erano stati i primi a intuire un collegamento tra la “polmonite misteriosa” e la Sars del 2003.

Ma torniamo indietro ancora un attimo. Se andiamo alla caccia di giornate simboliche, questa non può che essere il primo gennaio, quando le autorità locali fanno chiudere (si spera per sempre, ma vedremo che non sarà così) il famigerato Huanan Seafood Wholesale Market. Le prime indagini avevano portato a galla il fatto che molti contagiati avevano frequentato questo mercato, del tutto simile alle migliaia di luoghi pubblici dove si vendono pesci e ogni tipo di animali: una vera e propria tradizione “intoccabile” in Oriente.
Ma se dal primo gennaio alcuni wet market come quelli di Wuhan vengono chiusi, è molto probabile che i primi episodi di quella “strana polmonite” che poi verrà chiamata Covid-19 si siano verificati alcuni mesi prima, addirittura da settembre: un lungo periodo che è passato invano dal punto di vista della prevenzione e della lotta al coronavirus, in un silenzio che l’umanità ha pagato con prezzi altissimi.

Il 3 gennaio i casi di polmonite virale segnalati a Wuhan sono 44: i contagiati vengono messi in quarantena, ma si saprà solo alcuni giorni dopo. I primi annunci arrivano infatti dal 9 al 12 gennaio, spesso per ridimensionare la portata del pericolo: tanto per fare un esempio di come la Cina abbia reagito in ritardo all’allarme, il 10 gennaio viene raccomandato per la prima volta di evitare i contatti con le persone ammalate ma ogni forma di chiusura del Paese rimane esclusa.

Questo brano è un estratto del capitolo «L’emergenza nel mondo e in Italia» contenuto nel libro «I cento giorni che hanno sconvolto il mondo», in edicola alla sua seconda ristampa assieme all’Adige (il libro e il quotidiano vengono venduti a 9 euro).

comments powered by Disqus