Liberiamo i nostri bimbi: se lo meritano

Liberiamo i nostri bimbi: se lo meritano

di Alessia Ambrosi

In merito alla difficile emergenza del Coronavirus, vorrei tentare di proiettare un po’ di luce su un argomento che stenta a conquistare i riflettori come meriterebbe: la vita dei bambini, le loro esigenze, le loro necessità, il grave disagio che vivono.

Dunque, le bambine e i bambini i grandi esclusi, i piccoli grandi desaparecidos del dibattito, i dimenticati. Si parla molto, e comprensibilmente, della necessità della ripresa delle attività produttive. Tornare a produrre ricchezza è fondamentale se vogliamo che il Paese si regga in piedi e torni a camminare. Si misurano scrupolosamente i metri quadri dei negozi relazionandoli al numero del numero dei permessi di ingresso da poter concedere, si autorizzano queste o quelle imprese a ripartire, si discute del se il limite delle passeggiate possibili debba essere di 200, di 400 metri o di un chilometro.

Ma chi misura, davvero, il disagio dei nostri bambini? Ho una mia cara amica con la figlioletta che quest’anno, trovandosi in quinta, terminerà la scuola elementare: non rivedrà più in classe la maestra che per tutti questi anni l’ha seguita. Quante storie, più o meno come questa, stanno segnando il percorso dell’evoluzione, sia nozionistica sia relazionale, di centinaia di migliaia di bambini? Certo, ci si industria con la didattica a distanza, come se potesse sostituire il contatto diretto, le grida, i sorrisi, i pianti di una comunità in classe, gli schiamazzi: la vita.
Non a caso molti Paesi europei, come ad esempio la vicina Francia, pur avendo ancora un numero elevato di vittime, hanno già detto che per loro la riapertura delle scuole è una priorità, dando appuntamento a metà maggio per il rientro in molte classi. Idem la Germania, l’Inghilterra. Da noi la ministra Azzolina ha appena detto che in Italia di tornare in classe nemmeno a parlarne.

E allora, senza voler entrare nel merito della scelta della nostra ministra dell’Istruzione, non avendone certo io la competenza, mi chiedo e chiedo a voi: perché almeno non risarciamo i nostri figli con la possibilità di poter giocare nei parchi all’aria aperta? A piccoli gruppi ristretti, in sicurezza, con tutti gli accorgimenti che si vogliono: ma non deprediamoli dal diritto alla spensieratezza, risarciamoli almeno parzialmente dai danni che hanno subito dall’interruzione del normale ciclo vitale della loro infanzia, dei loro giochi, dei loro compagni, della tenerezza delle loro sicurezze.

Sono danni che magari non rivelano volentieri, magari per timidezza, per pudore, ma sono danni che ogni giorno portano e porteranno nel cuore chissà per quanto tempo. Nonostante tante mamme e tanti papà facciano del loro meglio per non farglieli pesare.

comments powered by Disqus