Il Trentino del dopo virus

Il Trentino del dopo virus

di Andrea Grosselli, Michele Bezzi, Walter Alotti

Il mondo dopo Covid non sarà lo stesso e neppure il Trentino. Non è detto, però, che sarà peggiore. A dettare l’agenda alle forze di governo è l’emergenza sanitaria: bisogna ridurre il contagio, curare i malati e tutelare il personale sanitario.

La politica, però, ha anche un altro fondamentale compito e mentre ancora la tempesta scuote città e valli, deve progettare la ripartenza pensando a consolidare le fondamenta del nostro sviluppo. Perché nuove sfide bussano alla porta e quando il coronavirus sarà finalmente un brutto ricordo, dovremo essere pronti ad affrontarle insieme, governo locale e parti sociali. Per ripartire bisogna garantire sicurezza.

E la sicurezza per la propria salute passa attraverso l’investimento nel servizio sanitario che, in assenza di una cura o di un vaccino, resterà sotto pressione ancora per mesi. La tutela della salute, in particolare per chi lavora, è rappresentata da un bene di poco pregio, ma di gran valore oggi, le mascherine. La nostra Provincia deve approvvigionarsi di dpi per centinaia di migliaia di pezzi al giorno e bisogna attivarsi ora. Per riaprire fabbriche, uffici, negozi, anche a ritmo ridotto, e per provare a dare un’opportunità a turismo, ristorazione ed edilizia sono indispensabili. Altrimenti ogni sforzo, anche finanziario, rischia di essere vano. Servirà poi una strategia di rilancio almeno fino a fine legislatura. Il bilancio della Provincia imporrà un’inversione delle scelte operate fino ad oggi, in primo luogo sul welfare.

L’idea demagogica di una sanità che replica ogni funzione in tutti i territori non reggeva prima e non reggerà dopo: basti pensare che il virus ha comportato l’immediata chiusura dei punti nascita periferici. Bisognerà investire su teleassistenza, intelligenza artificiale legata alla diagnostica, medicina di territorio, domiciliarità sociosanitaria per gli anziani, servizi sociali generativi per le famiglie e per il lavoro e prevenzione attuando appieno il Piano provinciale per la salute. Anche l’assetto istituzionale e l’organizzazione della pubblica amministrazione andranno rivisti. La Provincia dovrà riorganizzarsi rendendo più evoluti i servizi offerti a cittadini e imprese e puntando alla razionalizzazione delle proprie strutture.

Non si sa cosa la Giunta abbia in mente per le Comunità di Valle. Ma delle due l’una: o si rafforzano o si punta alla fusione rapida dei Comuni, perché 166 municipi non possono promuovere una vera partecipazione dei cittadini, né garantire servizi di qualità soprattutto nelle valli dove è indispensabile sostenere il radicamento di aziende e famiglie. Su questo fronte gli Stati generali della Montagna sono già superati. Allo stesso tempo scuola e ricerca devono continuare ad essere al centro dello sviluppo locale, a partire dall’investimento nell’Ateneo trentino e nei progetti più avanzati del sistema di istruzione, dal trilinguismo all’alternanza passando per la certificazione delle competenze, strumenti indispensabili in un mercato del lavoro che non sarà più lo stesso. C’è poi da attuare la Carta di Rovereto su innovazione, digitalizzazione e ricerca applicata nel sistema economico locale, rimasta lettera morta, e puntare alla crescita dimensionale delle nostre imprese e delle loro reti. Dovremo puntare sulla sostenibilità e su un turismo rispettoso dell’ambiente anche per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici.

Per fare tutto questo sarà fondamentale contare su istituzioni finanziarie solide. La scommessa del credito cooperativo locale va orientata ad ancorare testa e gambe in Trentino. C’è poi da sviluppare il fondo strategico e i veicoli di investimento regionale sui quali la Giunta si è dimostrata timida: sono fondamentali invece per orientare l’ingente risparmio locale verso l’economia reale.

Infine il lavoro, dimensione centrale per la tenuta sociale e il rilancio economico della nostra comunità, ma fino a questo momento pericolosamente sottovalutata dalla politica. Dobbiamo essere consapevoli che una volta usciti dall’emergenza, rischiamo di perdere molti posti di lavoro e comunque saranno molto diversi. È essenziale, allora, puntare sulla trasformazione digitale e sulla domanda pubblica anche a debito per incrementare gli investimenti, quelli produttivi, aiutando i lavoratori che dovranno passare da un settore ad un altro. Sono indispensabili formazione e servizi per l’impiego, ma servono anche i sostegni economici: se la Giunta li ridurrà, potrebbe ingenerare una spirale recessiva deprimendo la domanda interna tanto da mettere in ginocchio l’economia, come una seconda ondata pandemica.

La nostra comunità non può lasciare indietro nessuno dopo questa emergenza. L’Autonomia deve fare la propria parte, riscoprendo la propria capacità di proposta e innovazione e non lasciare tutto sulle spalle dello Stato, né aspettare che sia il Governo centrale a decidere.
Nessuno può pensare di ridisegnare il futuro del Trentino da solo. Serve l’apporto di tutte le migliori intelligenze, anche dentro l’Euregio. Per questo rilanciamo la proposta di un comitato indipendente di esperti che aiuti Provincia, enti locali, aziende e lavoratori a definire le priorità post crisi e a realizzare ciò che è mancato fino ad oggi: un patto tra governo locale e parti sociali per la legislatura. Contiamo che su questi temi anche il mondo imprenditoriale batta un colpo.

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