Siamo in guerra contro Covid-19

Siamo in guerra contro Covid-19

di Roberto Battiston

Ogni sera siamo tutti incollati ai media per seguire i bollettini sulle ultime novità sulla pandemia. Non si era mai visto in Italia, almeno nella mia generazione, un esercizio di sopravvivenza collettiva come questo. Penso che così doveva essere radio Londra verso la fine della seconda guerra mondiale.

Siamo di fronte a qualcosa di nuovo, per lo meno per la memoria contemporanea. Sono stati fatti errori. Ci sarà il tempo di parlare del rapporto tra il principio di realtà e l’influenza di elementi politici, economici, sociali, culturali. Nelle prime battaglie della guerra tra l’umanità ed il COVID-19, il piccolo, subdolo virus ha vinto spesso a mani basse: in qualche caso è stato respinto, non senza avere provocato molti danni e molti morti. Come in tutte le guerre, non contano le battaglie, conta la vittoria finale. Non abbiamo alternative se non rimboccarci le maniche, evitare il più possibile di fare altri errori, guardare in faccia la realtà e agire di conseguenza sapendo che ogni dettaglio conta, che il nemico è spietato e per definizione inumano, nel suo essere alieno al dolore che provoca nella sua espansione. Non possiamo permetterci di aggiungere alla sua forza le nostre debolezze.

Sono impressionato dalla risposta che sta dando l’Italia a questa emergenza, dallo sforzo eroico di chi è in prima linea negli ospedali, del personale della protezione civile e degli altri servizi pubblici e attività private esposte al rischio contagio. Dal dolore composto delle migliaia di persone che hanno perso un loro familiare, spesso in contesti urbani molto ristretti colpiti con la durezza una decimazione nazista. Sono impressionato dal fatto che il social distancing stia venendo implementato con un rigore ogni giorno crescente e che le assurde riunioni pubbliche o private che solo una settimana fa venivano sbandierate come risposta coraggiosa all’emergenza, siano diventate in brevissimo tempo solo un imbarazzante ricordo di incosciente stupidità. L’Italia sta reagendo, è ferita nei suoi valori e nei suoi affetti, ma si sta difendendo con i denti e tutti siamo chiamati a dare il nostro contributo. È questa la novità vera, l’incredibile, positivo, coraggioso impegno che stiamo mettendo in campo, per massimizzare i risultati, correggere gli errori, migliorare la macchina organizzativa e logistica che è al lavoro. Una priorità assoluta è capire se le misure che sono state prese sono adeguate. Il lockdown ed il conseguente social distancing, sono state decisioni importantissime, necessarie, utili tanto più utili quanto più sono state rapide rispetto all’insorgere dell’epidemia.

A Bergamo, la città che più sta pagando gli effetti dell’epidemia, le misure di lockdown siano state prese solo due settimane dopo che a Lodi, dove la crescita dell’epidemia si è fermata, a fronte di avvisaglie simili.

Un secondo aspetto riguarda l’adeguatezza ed il rigore nell’implementazione delle misure prese. Le misure sul lockdown devono essere monitorate ed implementate con grande attenzione ai dettagli. Questo è vero in ogni situazione, che sia un piccolo paese o una intera nazione. In questo il Trentino deve assolutamente beneficiare dell’esperienza delle regioni più colpite. A partire dalla gestione degli anziani: se mi chiudo in casa ma vivo con persone anziane e sono un contagiato asintomatico, entro pochi giorni la situazione in casa diventa ingestibile e devo ricorrere alle cure presso gli ospedali. Oppure se non si blocca l’accesso dei parenti alle case di riposo, si rischia di creare condizioni di contagio esplosive. Occorre fare ogni sforzo per contenere i contatti con gli anziani. È certamente un sacrificio ma l’alternativa, in questi casi è tra la solitudine e la morte. Un altro esempio sono gli spostamenti di persone da una regione all’altra.

È fondamentale l’implementazione della quarantena nelle regioni di arrivo, prima che questo venga imposto dall’esplosione dei contagi. Per tracciare e controllare queste persone ci vogliono probabilmente molti volontari organizzati, ma l’effetto di questa azione è determinante nel contenimento del contagio. Un terzo esempio è la questione degli asintomatici. In Veneto sono iniziati test con i tamponi a tappeto. In Cina questo tipo di campionamenti sono stati molto utili per assicurare l’efficacia del lockdown. Allo stesso modo sarebbe utilissimo aumentare la qualità e la quantità dei dati sulla differenza tra la data di primo sintomo e la data di certificazioni di contagio, perché è la data di primo contagio che ci fa capire cosa succederà domani, non la data certificazione con il tampone. Implementare o meno queste o altre azioni di accompagnamento al lockdown, influenzerà direttamente il numero di morti e la tenuta del sistema sanitario.

Ogni sforzo addizionale costa molto, ma non dobbiamo mai dimenticare che abbiamo di fronte il più insidioso e implacabile dei nemici.
I miei colleghi cinesi citano le azioni che hanno messo in campo. Come si disinfettino le scarpe prima di entrare in casa; come usino gli stuzzicadenti o pezzetti di carta igienica per spingere i tasti degli ascensori; come i condomini si preoccupino che non ci siano riflussi nelle tubature. Come siano state organizzate migliaia di squadre di volontari, che affrontano i problemi più disparati, da quello di portare cibo a coloro che sono in quarantena, a quello di assistere i cittadini nell’assicurare il rispetto delle regole del lockdown. Di come siano organizzati gli ospedali da campo e le zone di raccolta per persone contagiate; dell’importanza che associano alla ginnastica per mantenere attivi i pazienti, e così via.

Dettagli importanti e che ora dobbiamo implementare anche noi. Pensate a come gli altri paesi, europei e non, guardavano all’Italia solo una settimana fa: dalla stampa internazionale si coglie il fatto che ora, alle prese con lo stesso problema, gli altri paesi guardano a noi con molto più rispetto, cercando di capire come abbiamo fatto a realizzare e a rispettare in modo sostanziale il lockdown di una intera nazione. Noi, gli italiani, quelli che non rispettano le regole, siamo diventati per l’OMS un esempio di come si affronta con serietà una emergenza come questa! Abbiamo certamente qualcosa da insegnare, ma non dobbiamo dimenticarci che, allo stesso tempo, abbiamo anche molto da imparare: la strada è ancora molto lunga prima di debellare il COVID-19.

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