La perifrastica attiva davanti allo schermo

La perifrastica attiva davanti allo schermo

di Eliana Agata Marchese

Alla fine a sciare non ci siamo andati. Quest’anno non sono mai riuscita a lasciare Luciano e per me sarebbe stata la prima volta. Caterina e Silvia hanno frequentato il corso del Comune, ma adesso è bloccato anche quello, e tutti avevamo voglia di qualche discesa. Però gli affollamenti agli impianti ci hanno fatto desistere: non volevamo offrirci come veicolo per il virus e abbiamo ripiegato su una passeggiata a piedi. Meglio così, meglio tutti insieme: a sciare saremmo stati solo in 4. Intorno al lago di Cavedine incontriamo pochi fra ciclisti e camminatori.

Scattiamo qualche foto, Luciano raccoglie pietre e rametti (che spesso finiscono in testa a Silvia, scatenando sanguinose risse) e nel primo pomeriggio siamo già a casa: ho bisogno di preparare una serie di materiali per i miei studenti.
Come insegnante di liceo, dopo 15 anni, ho capito chi voglio essere: so come muovermi in aula (a me piace girare per i banchi), so come scrivere alla lavagna (la lavagna pulita al mattino è uno dei momenti migliori), so quali contenuti trasmettere con maggior forza. Come prof a distanza devo ancora inventare il mio profilo; quindi, preda di una confusione mentale che per pietà definisco “eclettismo”, sto sperimentando contemporaneamente di tutto: aprire un canale YouTube, per esempio, è un’idea che mi frullava in testa da un pezzo; mai come oggi è il momento, e infatti sto girando video di sintassi latina.

Salvo accorgermi che l’audio rimbomba: dovrò quindi acquistare un microfono; ma anche le luci della mia cucina, dove ho la lavagna, non sono il massimo: forse allora sarebbe meglio un faretto. E già che ci siamo vorrei una lavagna più grande. Mi preparo ad un notevole investimento, ma nel frattempo ho già iniziato ad usare le classiche applicazioni di Google: ho invitato tutti i miei ragazzi in Classroom; ho postato mappe concettuali, compiti (metterà anche i voti? Continuano a chiedere gli alunni. No, tranquilli, per adesso sperimentiamo), audiolezioni. Con i file audio mi trovo piuttosto bene: l’altro giorno ho analizzato, dividendolo in due file Mp3, un passo di Virgilio. Mi sembra di aver organizzato bene il discorso, ma un attimo dopo mi sento ridicola: ho spiegato trenta versi in latino al mio cellulare.

Allora mi dico che così non basta, che ci vogliono anche i momenti interattivi, altrimenti come faccio a verificare che i ragazzi abbiano capito davvero? Sempre più infervorata apro l’applicazione Calendar e fisso una videolezione in diretta. Io trasmetterò dal mio soggiorno, con lo sfondo dei pesci in acquario; o magari porterò il tablet in cucina, di fronte alla lavagna. I ragazzi forse mi parleranno dai loro cellulari. C’è un problema, però: questa della videoconferenza è un’esperienza nuova anche per loro.

Gli alunni di seconda rispondono subito all’invito, ma un attimo dopo mi chiedono come fare a connettersi. Condivido con loro il link a un tutorial online e li avverto: non so bene nemmeno io, ma ci proviamo insieme. Seneca scriveva: “Homines, dum docent, discunt”. Gli uomini, mentre insegnano, imparano. Anche davanti allo schermo, anche nel panico di questi giorni, la cosa migliore che io possa fare contro il Coronavirus è spiegare la perifrastica attiva.

DIARIO 1: In cucina è comparsa una lavagna

DIARIO 2: Il compleanno anti-Coronavirus

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