Sulla punta dei tuoi piedi

Sulla punta dei tuoi piedi

di Roberto Battiston

La notte di Natale 1968, William Anders scattò la foto che è stata definita la più influente immagine ambientale della storia. Non sappiamo se si rendesse conto dell’impatto che avrebbe avuto quell’immagine. Certo il punto di vista era unico nella storia.

E l’occasione doveva essere colta al volo. Anders: «Oh mio Dio! Guarda che immagine! È la Terra che sorge. Wow, è proprio bella». Borman: «Hey, non scattare, non è pianificata (risata)». Anders (ridendo): «Hai una pellicola a colori, Jim? Mi daresti quella pellicola a colori, veloce…». Lovell: «Oh ragazzi, è eccezionale!». Parlano gli astronauti dell’Apollo 8, la prima missione umana che lasciava l’orbita terrestre per girare attorno al nostro satellite. All’improvviso la Terra appare agli occhi dell’uomo nella sua meravigliosa e fragile bellezza, disco blu con le strisce delle nuvole, nell’immensità buia del cosmo, sintesi di tutta la nostra storia, contenitore di ogni grandezza e miseria umana, di ogni bellezza e bruttezza, speranza e disperazione.

La nostra casa, che solo qualcuno di noi può lasciare e per pochissimo tempo. Casa che tratteremmo con ogni cura, se la sentissimo davvero nostra e se conoscessimo davvero su cosa si basa l’equilibrio delicato che ha garantito per milioni di anni la sopravvivenza e la crescita della nostra specie su questo pianeta.

Quella foto ha avuto un impatto straordinario ed è considerata l’inizio del movimento ambientalista: il cambiamento culturale inizia sempre da un cambiamento di punto di vista, anche se, naturalmente, una foto non è sufficiente a cambiare il mondo.

Nemmeno un anno dopo la prima circumnavigazione dell’Apollo 8, il 20 luglio 1969, l’Apollo 11 atterrava sul nostro satellite: l’immagine della prima impronta dello stivale di Neil Armstrong sulla polverosa superfice della Luna rimarrà anch’essa nei nostri ricordi, come spartiacque tra un prima e un dopo nella storia. Fra pochi giorni celebreremo mezzo secolo da questo straordinario evento, con alcuni dei protagonisti ancora con noi. Per esempio Buzz Aldrin, il secondo uomo a camminare sulla Luna. Buzz è quello che si chiama un personaggio. Lo è sempre stato, fin dai tempi del programma Apollo. 89 anni ben portati, vestito in modo sgargiante, grossi anelli alle dita, l’occhio vivissimo, è un ospite fisso dei grandi incontri internazionali sullo spazio, come l’International Astronautical Federation, dove lo incontro ogni anno.

Buzz non passa mai inosservato: parla continuamente delle sue idee sui futuri progetti nello spazio, ha sempre in tasca documenti in cui studia orbite e configurazioni di stazioni spaziali per andare lontano. Probabilmente il suo carattere, molto particolare e un po’ sopra le righe, gli ha impedito di essere il primo uomo a camminare sulla Luna. La NASA alla fine decise di fare uscire per primo dal LEM il comandante della missione, Armstrong, un civile, a differenza di Aldrin che era un militare, e con un carattere meno imprevedibile.

L’ultima volta che ho visto Aldrin gli ho chiesto se potevo salire sulla punta dei suoi piedi. Alla domanda del perché, gli ho risposto «Per potere dire che ho calpestato i piedi di un uomo che ha calpestato il suolo lunare». Ridendo ha acconsentito allo scherzo. Inutile dire che ho appena sfiorato i suoi stivali texani.

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