Il Papa e l'Islam: dialogo più forte

Il Papa e l'Islam: dialogo più forte

di Luigi Sandri

Un Islam con volti diversi, e contrastanti, si è mostrato in una settimana, al papa e al mondo cristiano, in Marocco, ad Assisi e in Turchia, aprendo squarci di speranza, ma anche di preoccupazione, per i rapporti - di dialogo o di contrasto identitario? - tra le due più diffuse religioni del mondo.

Francesco è tornato ieri sera da Rabat, dopo un viaggio di due giorni nella capitale di un regno il cui sovrano, Mohammed VI (che vanta di discendere dal Profeta omonimo, e ha il titolo di “Amir al Mouminine”, guida dei credenti), cerca di favorire lo sviluppo di un Islam moderato, lontano da interpretazioni urticanti del Corano.
Il pontefice, citando il documento “sulla fratellanza umana” da lui firmato il 4 febbraio ad Abu Dhabi con il grande imam di al-Azhar (al Cairo) Ahamad al-Tayyib, ha ribadito: «Dobbiamo sviluppare senza cedimenti la cultura del dialogo come strada da percorrere.

È indispensabile opporre al fanatismo e al fondamentalismo la solidarietà di tutti i credenti».

Dal Marocco - un “ponte” dal quale molti africani cercano di raggiungere la Spagna e l’Europa - Bergoglio ha rilevato: «La grave crisi migratoria che oggi stiamo affrontando è per tutti un appello urgente a cercare i mezzi concreti per sradicare le cause che costringono tante persone a lasciare il loro Paese, la loro famiglia, e a ritrovarsi spesso emarginate».

E un’altra questione cruciale - quella di Gerusalemme - è stata toccata. Con la guerra “dei sei giorni” nel 1967 Israele ha occupato anche la parte est della città, prima in mano giordana; e nel 1980 la Knesset (parlamento) ha proclamato l’intera città «capitale eterna ed indivisibile» di Israele; i palestinesi, però, rivendicano la parte-est come capitale del loro costituendo Stato. In un appello, il papa e il re affermano: «Riteniamo importante preservare la Città santa di Gerusalemme come patrimonio comune dell’umanità e soprattutto per i fedeli delle tre religioni monoteiste, come luogo di incontro e simbolo di coesistenza pacifica».

Francesco, poi, celebrando ieri messa ha invitato la piccola minoranza dei ventitremila cattolici del Marocco ad essere segno di amicizia.
In un clima analogo, venerdì ad Assisi re Abdallah II di Giordania ha ricevuto la lampada della pace, per il suo impegno «a promuovere l’armonia tra fedi diverse e l’accoglienza dei rifugiati». La Giordania, paese povero, accoglie settecentomila persone fuggite dall’inferno siriano. Il sovrano ha ribadito il suo impegno a «vigilare sul futuro della Città santa».

Invece, la settimana scorsa il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha detto che farà tornare moschea Santa Sofia. La meravigliosa basilica, costruita da Giustiniano alla metà del VI secolo, fu trasformata in moschea dopo che gli ottomani, nel 1453, conquistarono Costantinopoli. Atatürk, il padre della moderna Turchia, nel 1935 la trasformò in museo: un gesto distensivo verso l’intero mondo cristiano che, ora, Erdogan rovescia, attizzando antichi fuochi tra i seguaci della croce e quelli della mezzaluna.

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