I giovani che vogliono salvare il mondo

I giovani che vogliono salvare il mondo

di Sandra Tafner

Si spreca troppo sul pianeta del quale riteniamo di essere i padroni assoluti, ciascuno seguendo il proprio «carpe diem». Cogli l’oggi - come scriveva Orazio - e che gli altri si arrangino. Così almeno pare stando alle notizie sempre più preoccupanti che arrivano dalla scienza, da studiosi, da associazioni, da organizzazioni, da gruppi di cittadini, i più consapevoli. Fra questi, ed è abbastanza recente, un movimento di giovani che si sono resi conto di quale eredità i padri stiano predisponendo per loro.

Si spreca territorio, si sprecano risorse, si spreca cibo e soprattutto si spreca tempo senza por mano a interventi radicali che possano fermare questa corsa pazza. Le istituzioni, dal canto loro, sprecano parole.

Ma i giovani stanno alzando la soglia dell’attenzione, pronti a rispondere agli appelli. Qualche giorno fa in Trentino, a Valdaone, è stata celebrata la festa del risparmio energetico proposta da una trasmissione radiofonica, un breve corso di cucina che si è svolto presso la scuola materna per insegnare come si possano usare gli avanzi, altrimenti destinati a finire nei sacchetti dell’umido. Ridurre gli sprechi, basta volerlo, magari superando certe ritrosie come succede al ristorante, dove spesso molto cibo rimane nel piatto e poi buttato via. Ma perché non approfittare dell’offerta di portarselo a casa?

Sono indispensabili piccoli e grandi gesti, a ciascuno il suo. E sarebbe indispensabile consegnare alle nuove generazioni un messaggio: si può e si deve combinare la bellezza del passato con la bellezza del futuro, l’innovazione con la tradizione, il denaro con l’umanità.
Ma gli avamposti, per fortuna, stanno già predisponendo le coscienze dando vita a un movimento che va allargandosi. E ogni venerdì nascono iniziative per dire basta, stiamo rovinando la Terra e chi ci abita, piante, animali e uomini, stiamo consumando risorse in maniera insensata. Lo ripete da tempo una sedicenne svedese, Greta, che ha visto più avanti degli altri e che col suo esempio è riuscita a rendere evidenti le storture e lo sfruttamento di una terra irripetibile. È riuscita soprattutto a dare la sveglia ai suoi coetanei che hanno fatto gruppo, che hanno compreso l’urgenza. Con il recente sciopero gli studenti dicono basta. Chiedono fatti, non parole.

Purtroppo c’è pure chi nega l’evidenza, i cosiddetti negazionisti come il fisico William Happer il quale sostiene che le emissioni non sono dannose, anzi fanno bene alla Terra. C’è da dire che la sua attuale età non gli permetterà di assistere alla smentita di queste parole, che avrà come testimoni nipoti e pronipoti. È opportuno e urgente che i giovani alzino la voce, affinché i governi si risveglino dal letargo, rinsaviscano e si rendano conto di ciò che stiamo calpestando e distruggendo in maniera irreversibile. Altrimenti, come dice il Presidente del Consiglio Conte informando di aver presentato il Piano nazionale per la sicurezza del territorio, «a ogni tragedia o catastrofe abbiamo, commossi, invocato più sicurezza e più prevenzione». Appunto.

Il cambiamento climatico non è un’invenzione e non lo è l’inquinamento e non lo è lo squilibrio dell’ecosistema e non lo è il riscaldamento degli oceani o lo scioglimento dei ghiacci o la prevista scomparsa di specie viventi. Bisogna far presto per salvare l’ambiente.
A luglio il Giappone riprenderà la caccia alle balene dopo oltre trent’anni di pausa. Per motivi commerciali.

Il governo del Botswana, in Sud Africa, sta pensando di riaprire la caccia agli elefanti. Per garantire un maggiore equilibrio nell’ecosistema, questa la giustificazione. Ma chi ha alterato l’ecosistema? Gli elefanti africani rappresentano il 93 per cento della totalità degli elefanti e il 30 per cento è già scomparso nell’ultimo decennio. Le statistiche dicono che ogni giorno vengono uccisi nel mondo oltre cento esemplari, un trend che rischia di portare la specie verso l’estinzione.
Il Brasile ha confiscato circa 35 mila uccelli appartenenti a decine di specie diverse catturati illegalmente per essere esportati soprattutto negli Stati Uniti e in Europa, i principale acquirenti. Per motivi commerciali. E le misure di salvaguardia di questi ultimi anni, volte a tutelare la fauna autoctona, non riescono a bloccare completamente il commercio molte volte illegale.

La corsa al denaro non riconosce limitazioni e confini. E tutto succede su questa piccola terra a causa di questi piccoli uomini che se ritengono i padroni assoluti e nemmeno si accorgono di farsi del male.

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