Insulti ai neri e svastiche, Italia incivile

Insulti ai neri e svastiche, Italia incivile

di Sandra Tafner

Contro Bakary, il ragazzo venuto dal Senegal e partito dalla Libia, dove nell’attesa è stato frustato e si è rotto una spalla lavorando per poi arrivare a Milano dove ha trovato una nuova famiglia, sono state scritte frasi contro il «negro» corredate da svastica. Ma il nostro non era un Paese civile? E dire che non mancano i maestri che operano per il bene del popolo, prima gli italiani.

Ma secondi potrebbero venire anche gli altri o bisogna cacciarli a prescindere? E dire che non mancano i maestri che stanno insegnando che cos’è la vita e come si debba viverla al meglio, corsi accelerati per il popolo che pare sia considerato bue ma che, grazie a loro, riuscirà finalmente a elevarsi. Si sa che la cultura produce conoscenza e che per i maestri questo è lo scopo, poter mutare le classi differenziate in corsi d’aggiornamento, in modo che finalmente tutti diventino consapevoli che è arrivato il tempo del cambiamento cambiato dal governo del cambiamento.

Secondo l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali nel 2018 la percentuale di discriminazioni etnico-razziali ha raggiunto più dell’82 per cento delle segnalazioni. E secondo una recente indagine di Eurobarometro oltre un italiano su due non considera gli immigrati un’opportunità bensì un grave problema.
Ma è il tempo del cambiamento e non mancano esempi che dimostrano le differenze con quanto succedeva qualche decennio fa. Per esempio nessuno pretende più che all’entrata in classe gli alunni si alzino in piedi per recitare una preghiera, forse tra poco basterà salutare il giorno gridando all’unisono: prima gli italiani. E magari cantando una canzone rigorosamente italiana.

Certo non si può negare che qualcuno fraintenda. Basti dire di quell’insegnante che in una scuola elementare di Foligno, additando un bambino dalla pelle nera che senza pudore si era infiltrato fra i compagni dalla pelle bianca (quella ufficialmente riconosciuta) lo definisce brutto, ma proprio brutto. A questo punto, secondo metodi didattici all’avanguardia, l’unico rimedio non poteva essere che girare il banco nascondendo alla vista degli altri alunni quella visione che deturpava la pacifica candida atmosfera.
Ora, in tempi di fake news, sarà il caso di credere a questa storia? Del resto l’insegnante afferma che di un esperimento sociale si trattava, per dimostrare che nessuno deve evocare parole azzardate. Razzismo? Che c’entra il razzismo, la maggior parte degli italiani non sa neppure cos’è!

Ma preoccupiamoci di questioni serie. D’altra parte è inevitabile che nascano equivoci, visto il chiasso scatenato intorno al presunto sequestro di persona compiuto sulla nave Diciotti, per il quale si sarebbe addirittura voluto che il vicepremier Salvini andasse a processo. E per fortuna che ci ha pensato l’altro vicepremier a metterci una pezza. Ulteriore conferma che fra i due colleghi di governo esiste la massima sintonia, altro che litigi continui. È soltanto una specie di gioco per rendere meno pesanti tutti quei problemi che inevitabilmente chi governa deve affrontare ogni giorno. Così uno dice sì e l’altro no, pare che si azzannino e invece si incontrano e fanno una risata: hai visto che il popolo ci ha creduto?

È per questo che bisogna educarlo un po’. Pace fatta, anzi, in realtà non era mai stata fatta la guerra. E allora siate felici, viva la suspence che del doman non v’è certezza. Adesso poi che è anche Carnevale e che ogni scherzo vale. D’altra parte è il popolo che ha scelto i suoi portavoce, 60 milioni non sono pochi. Sì, forse qualcuno in meno, però sempre tanti. È Carnevale, grostoli e canzoni, ce n’è di belle anche oggi ma anche ieri non erano brutte. Chi è che non ricorda, tanto per dirne una, «Il re dei pagliacci» di Neil Sedaka (però nella versione italiana di Luciano Nelli) che faceva «ecco qui come ogni sera/chi coi gesti fa la gente divertire/questo re dei pagliacci/ride e piange nel suo mondo senza amore».

Benvenuto Carnevale. Come non ricordare quando una volta si aspettava il martedì grasso per travestirsi da Arlecchino o da fatina andando in giro a tirare manciate di coriandoli. Adesso lo si fa sempre meno, anche se qualcuno cerca di dare il buon esempio travestendosi da pompiere o da poliziotto. Basta un po’ di fantasia ed è un attimo travestirsi da pastore sardo, tanto per dimenticare i pessimismi e gli avvertimenti europei che hanno pure stufato. Dicono che l’Italia è piena di debiti? Che è in recessione? Ma se abbiamo tante di quelle risorse che loro, quelli dell’Europa, nemmeno se le sognano. Ricordiamo bene che già Totò aveva provato a vendere la fontana di Trevi.
Tutto questo non fa ridere? Appunto, qui nessuno voleva far ridere.

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