Diabetici triplicati in trent'anni

Diabetici triplicati in trent'anni

di Michele Pizzinini

È dal 1991 che l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il 14 novembre, celebra la giornata dedicata all’informazione e alla sensibilizzazione sul diabete, in 160 paesi di tutto il mondo. La data del 14 novembre è stata scelta per commemorare la data di nascita, e rendere omaggio, a Frederick Banting, lo scopritore dell’insulina, che fu insignito del premio Nobel per la Medicina, a soli 32 anni.
Sono dunque quasi trent’anni che lanciamo grida d’allarme su questa subdola malattia che è la principale responsabile di amputazioni e cecità nell’adulto. E in trent’anni cosa è cambiato? Niente, o peggio che il numero di diabetici è triplicato.

La causa è presto detta: la colpa è dell’eccessivo consumo di zucchero. Fino a prima della scoperta dell’America esso era sconosciuto in Europa. All’inizio del 1900 avevamo un consumo di zucchero che era di circa un chilo per ogni persona all’anno.

Oggi in Italia consumiamo mediamente circa 75 grammi di zucchero a testa al giorno, per un totale di 28 kg di zucchero pro capite all’anno e pensate che negli Stati Uniti ne consumano quasi 45 kg. In media ognuno di noi consuma ogni anno circa 50 litri di bevande zuccherate e siccome molte persone non ne consumano affatto, c’è chi se ne beve qualche ettolitro. E poi come possiamo sorprenderci se diabete ed obesità stanno dilagando?

Evidentemente comunicare solo che lo zucchero fa male non è sufficiente ed ecco allora che in alcuni stati si è provato a convincere la gente a consumare meno bevande e alimenti ricchi di zuccheri, mettendoci una tassa. L’obiettivo è duplice: da una parte scoraggiare l’acquisto di tali prodotti da parte dei consumatori e dall’altra stimolare le industrie a produrre bevande e cibi meno zuccherati.

Anche in Italia, su iniziativa del sito ilfattoalimentare.it, è partita in questi giorni la richiesta al governo di mettere una tassa sulle bevande zuccherate. L’iniziativa, a cui ho prontamente aderito anche individualmente, è sostenuta dalle principali società e associazioni scientifiche, quale la Società Italiana di Diabetologia, la Società italiana dell’Obesità, l’Associazione degli Specialisti in scienza dell’alimentazione e numerose altre.

La richiesta è quella di adottare una tassa del 20% sullo zucchero aggiunto alle bevande, che potrebbe generare un incasso di 470 milioni di euro, da investire in campagne di educazione alimentare e promozione di stili di vita sani. La lettera aperta inviata al Ministro della salute chiede anche che vengano poste precise restrizioni sulla pubblicità di prodotti destinati ai bambini con un profilo nutrizionale sbilanciato». Secondo l’Oms una tassa del 20% dovrebbe comportare una riduzione dei consumi del 20%.

I paesi in cui si è deciso di applicare una tassa sullo zucchero sono ormai molti, con dei risultati anche abbastanza convincenti. Ad esempio, in Ungheria è stata introdotta nel 2011 una tassa su alimenti ricchi di zuccheri, sale e grassi. L’imposta di 0,22 euro per litro di bevanda zuccherata ha sortito la riduzione del consumo di tali bibite del 20% in soli cinque anni. In Cile una tassa di circa il 15% sulle bevande più zuccherate e una uguale riduzione della tassa sulle bevande meno ricche di zuccheri ha comportato una riduzione dell’acquisto delle prime del 21%.

Nel Messico, uno dei paesi in cui il tasso di obesità è secondo solo a quello degli Stati Uniti, l’introduzione della tassa sulle bevande zuccherate nel 2014 ha comportato una riduzione del 7,5% degli acquisti di tali bevande e un aumento del 2% delle bottiglie d’acqua.
Leggi simili sono già state adottate in molti paesi europei: Francia, Belgio, Portogallo, Norvegia, Estonia, Irlanda e dall’aprile di quest’anno anche in Gran Bretagna. In quest’ultimo paese, in cui la tassazione ha un andamento progressivo in base al contenuto di zucchero, ha sortito effetti ancora prima che entrasse in vigore la legge. Infatti, nei due anni precedenti molte industrie sono corse ai ripari, riducendo la quantità di zucchero nei loro prodotti, tanto che oggi, nella maggior parte dei casi, la dose di zucchero risulta dimezzata rispetto a prima.
Attualmente in Gran Bretagna la quantità di zucchero contenuta in note bevande presenti anche in Italia varia da 4,5 a 4,9 g per 100 ml, mentre da noi nelle stesse bevande oscilla ancora fra 8,9 e 11,8 g. Un esempio, l’aranciata San Pellegrino, di proprietà della Nestlè: da noi contiene 10,1 g di zucchero, mentre in UK meno della metà, solo 4,7 g.

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