Upt distrutta dai troppi personalismi

Upt distrutta dai troppi personalismi

di Paolo Cavagnoli

Durante la campagna elettorale non ho mai preso posizione: le testimonianze si possono prendere solo sulle idee e non su gli atteggiamenti da ring di pugilato. La mia esperienza politica mi ha fatto vivere, per fortuna, varie campagne elettorali ove i partiti, caratterizzati dalle impostazioni ideologiche, si battevano prevalentemente su programmi e idee.

Quest’ultima campagna elettorale, con la stolta fine dei partiti, si è dimostrata non solo da un punto di vista politico, ma anche pedagogico la peggiore della nostra esperienza democratica. Molti trentini che avevano aderito alla Democrazia Cristiana e sono rimasti tali, vedevano nell’Upt la continuazione di un loro gruppo di riferimento, sia come partito che come strumento di rappresentanza delle istanze della comunità. Dal 4 marzo in poi invece che riflettere sui risultati della tornata elettorale sono cominciate in tutti gli schieramenti le diatribe interne, e per l’Upt prima con i tre segretari e presidenti che si sono succeduti e poi con la diaspora del «si salvi chi può».

Da un punto di vista sociologico saranno interessanti le varie interpretazioni che gli addetti ai lavori daranno sui risultati, non tanto sulla vittoria enfatizzata della Lega ma soprattutto sulle guerre intestine tra i due grossi schieramenti che hanno sempre caratterizzato la democrazia della nostra Provincia. Sulla strada dell’Upt, dove un rigoletto gestiva dietro le scene le varie posizioni, la motivazione principale per tutti era quella di garantirsi un seggio in qualche istituzione.

Vi era chi puntava su Roma e chi da Roma puntava, assieme ad altri, su un seggio in consiglio Provinciale. L’entusiasmo iniziale che mi aveva portato a iscrivermi nuovamente all’Upt è ben presto scemato quando nei tiramolla degli incontri di un Parlamentino inutile gli obiettivi politici si scioglievano come neve al sole. Il Trentino ha bisogno di un partito di centro e quindi l’auspicio che molti si fanno è che una nuova classe dirigente si faccia carico del simbolo che ha una storia alle spalle e risponde alla vocazione di molti trentini che oggi vagano nella dispersione di varie liste personalizzate.

La democrazia ha bisogno di gruppi politici organizzati su leader e idee condivisibili anche se il termine destra e sinistra sembra superato. Una posizione di centro-destra o di centro-sinistra è attesa dalla popolazione trentina anche perché la scuola dei padri da De Gasperi a Berlanda a Piccoli e Kessler, per citarne alcuni, trovavano sempre nella dialettica politica la sede del partito per dare risposte concrete ai bisogni della popolazione trentina. È un augurio quindi che la disfatta di domenica serva da pungolo per i quarantenni a rifondare un punto d’incontro politico, amministrativo e culturale che oggi purtroppo manca.

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