Genova, il ponte crollato e l’immobilismo

Genova, il ponte crollato e l’immobilismo

di Pierangelo Giovanetti

A un mese dalla tragedia di Genova e dal crollo del ponte Morandi, dopo un’estate di annunci, proclami, promesse, propaganda sui social e comparsate Tv, nulla è stato fatto dal governo Conte per la ricostruzione e il ritorno alla normalità dell’intera Liguria. Venerdì scorso, di fronte ai familiari delle 43 vittime, il premier si è inventato l’ennesimo spot sventolando un decreto vuoto.

Non è stato stabilito chi costruirà il ponte, quando, con quali tempi. Non si sa che ruolo avrà Autostrade, che resta titolare della concessione (e quindi in teoria della ricostruzione), perché nessuna revoca è stata fatta. Non si sa nemmeno chi sarà il commissario straordinario, perché non si è trovato alcun accordo, né all’interno del governo, né con la regione e la città di Genova.

Di fronte a tale vuoto assoluto, l’unica cosa che è stato capace di fare il ministro Toninelli è andare a Porta a Porta da Vespa, con una risata a 32 denti di fronte ai plastici del ponte come fosse uno spot pubblicitario, oltre a nominare quale esperto per valutare costi e benefici del nuovo ponte, un noto condannato per bancarotta fraudolenta, così come aveva cannato le nomine della Commissione ispettiva del Ministero, con ovvie conseguenti dimissioni.
Per il resto, invece, abbiamo avuto un mese di caccia ai colpevoli, di linciaggi su mandato governativo, di individuazioni di responsabili con giudizio sommario prima ancora che partissero le indagini della magistratura, e tutta una serie di plateali azioni di sciacallaggio, compreso gli annunci di revoca della concessione senza muovere un atto in tale direzione, ai soli fini della propaganda continua.
Di azione di governo: nulla. Ma chi è al governo deve governare, cioè decidere: questo è il suo compito. Il resto sono inutili chiacchiere.

Compito dello Stato è ricostruire il più in fretta possibile il ponte, ricollegare una città spezzata, dare ossigeno economico a una comunità che ha nel porto la sua fonte di vita, riportare la Liguria in collegamento con l’Italia e l’Europa. Al governo spetta contenere i danni che una tragedia di questo genere arreca all’economia locale e nazionale. Lo Stato deve garantire la sicurezza dei cittadini, e riportare il più in fretta possibile alla normalità la vita di una città distrutta. Nel frattempo ha il dovere di far partire al più presto misure per contenere le conseguenze, anche economiche del crollo, e avviare i lavori fermi da anni per l’opposizione anche della base grillina e di tutti i movimenti «No-opere pubbliche» che hanno impedito la realizzazione della Gronda, dando invece alla città il Terzo Valico, il collegamento ferroviario ad Alta Velocità con Roma e Milano, l’allungamento della metropolitana e la costruzione di metrò leggeri verso Ponente e Levante.

In questa vicenda di Genova i 5Stelle, che esprimono il primo ministro e il ministro ai Trasporti e Infrastrutture, hanno dimostrato platealmente di essere incapaci di governare. Perfino la Lega, alleato di governo, è in imbarazzo di fronte a tale vuoto, e si è detta indisponibile a votare provvedimenti che non siano chiari. Così pure i ministri Tria e Moavero, pronti a disertare il consiglio dei ministri di fronte a tali pressapochismo e inettitudine.

È un cortocircuito pericolosissimo per l’Italia avere primo partito di governo, chi pensa di essere all’opposizione, e aizza le folle contro il sistema, facendo finta di non sapere che ora è lui il «sistema». Sono i 5Stelle chiamati a dare risposte, a finanziare i progetti, a nominare il commissario, a stabilire i tempi di ricostruzione, ad accelerare le pratiche perché si parta al più presto.

La vicenda di Genova è invece l’emblema dell’immobilismo grillino, e della sua esclusiva vocazione a lanciare «vaffa» a tutti, ma incapace di affrontare le cause dei problemi per rimuoverle, e individuare la soluzione per dare risposta ai bisogni di una città e di un Paese.
Il giustizialismo granguignolesco che pervade i suoi esponenti, anche quelli di punta di governo, e l’esibizionismo mediatico affetto di «annuncite» senza che alle parole seguano mai i fatti, sono due pericolosi compagni di strada per chi è chiamato a governare uno fra i più grandi Paesi industriali d’Europa e del mondo.

Non spetta ai ministri del governo, né ai vicepremier, accertare le responsabilità individuali dei soggetti coinvolti e stabilire i colpevoli, che per la Costituzione italiana e lo stato di diritto, peraltro, sono tali dopo il terzo grado di giudizio e sentenza passata in giudicato. Ai ministri e al vicepremier spetta quello che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha detto con chiarezza alla città di Genova: «Serve un impegno collettivo, nazionale e locale, pubblico e privato. La normalità va resa concreta. Ricostruire è un dovere. Bisogna farlo in tempi rapidi, con assoluta trasparenza, con il massimo di competenza. Con unità di intenti e visione lungimirante».
È questo che spetta al governo in carica e al ministro alle infrastrutture, non evocare spettri di complotti inesistenti, di delitti perfetti, e altre fanfaluche che si scontrano quotidianamente con il principio di realtà (e di decenza).

Nel decreto vuoto sventolato da Conte di fronte ai familiari delle vittime, si dice tutto e il contrario di tutto. Non viene revocata la concessione ad Autostrade, che quindi resta titolare della ricostruzione, ma dice che la concessione decaderà (quando? come? perché? cosa si farà al suo posto?). La concessione ovviamente non viene revocata perché ovviamente porterebbe ad una sfilza di ricorsi e contenziosi, con l’obbligo di una gara internazionale sostitutiva (altro che Anas, come ha sparato Toninelli, probabilmente senza sapere cosa diceva), e il coinvolgimento dell’Unione europea.

Ad oggi non si sa pertanto chi ricostruirà il ponte, con quale cordata di imprese, con quali soggetti coinvolti (Fincantieri? Italfer, società delle Ferrovie dello Stato?). E poi: chi gestirà il ponte, se mai verrà ricostruito? Chi sarà chiamato a riscuotere i pedaggi e a curarne la manutenzione perché non accada più quanto è successo? Sarà lo Stato, cioè il gestore attraverso Anas della peggiore e più disastrata autostrada d’Italia, la Salerno-Reggio Calabria? E come la gestirà?
Di tutto questo non si sa niente. Nulla è contenuto nel decretino di Conte. Tanto meno il nome del commissario che dovrà gestire tutto ciò, cioè il soggetto che dovrebbe far partire la trafila. I 5Stelle, affamati di poltrone e di occupazione di potere come mai nessun’altro in precedenza (ed erano tutti affamati), si è incagliato in un braccio di ferro con Regione e Comune che vuole tagliar fuori per «mettere i nostri» in una sorta di epurazione e appropriazione di ogni ambito delle istituzioni.

Infine il porto e il resto della città. Ricostruire non è solo rifare il ponte. Vuol dire rimettere al più presto in funzione il più grande porto italiano per estensione, il primo per numero di linee di navigazione e per movimentazione container con destinazione finale. Cioè garantire all’economia di Genova, della Liguria e dell’intero nord Italia di non collassare. Ma queste sono questioni importanti e decisive per il Paese. Nulla a che fare con i selfie in spiaggia e le accuse di complotti e cospirazioni a cui è portato il ministro Toninelli, il preferito dai cabarettisti e dai barzelettieri.

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