Una sanità migliore con i privati

Una sanità migliore con i privati

di Carlo Stefenelli

Una recente analisi effettuata da Nomisma, l’istituto di ricerche economiche e sociali a lungo presieduto da Romano Prodi, ha avuto come oggetto il sistema sanitario dell’Emilia Romagna con particolare riguardo alla buona integrazione fra strutture pubbliche e private accreditate che, secondo la ricerca, sta alla base della buona efficienza di tale sistema che, assieme a quelli della Lombardia e del Veneto, si colloca ai vertici degli indici di qualità nazionali e che costituisce un polo di attrazione per gli utenti provenienti da altre regioni.
I pazienti di provenienza extraregionale ricoverati negli ospedali privati accreditati in Emilia Romagna sono passati dal 36,3% del 2009 al 45,7% del 2016.

Nello stesso periodo i dimessi extra regionali degli ospedali privati accreditati sono cresciuti del 16,8%, mentre negli istituti pubblici si è registrata una contrazione pari al 20,8%.

I curatori della ricerca concludono che «se l’Emilia Romagna è tra le regioni italiane con standard qualitativi più elevati, una parte del merito è da attribuire a una proficua collaborazione e integrazione tra il sistema pubblico e quello privato, che ha saputo fornire prestazioni mediche in maniera efficiente e con standard qualitativi elevati».
Ad analoghe conclusioni giunge una recente pubblicazione del Censis («Il valore sociale dell’ospedalità privata nella sanità pluralista») che sottolinea come nell’ambito dell’offerta ospedaliera complessiva «il privato non è più un soggetto di cui limitare l’operatività o su cui far cadere i costi di ogni contenimento finanziario, ma un protagonista a tutto tondo in grado di mettere a disposizione risorse decisive come l’efficienza e la propensione alla qualità».

«L’ospedalità privata - continuano i ricercatori del Censis - oggi si presenta come il soggetto più in grado di fare meglio con meno, rispondendo alle più alte aspettative dei cittadini e contribuendo quindi anche ad una migliore performance del Servizio Sanitario».
Purtroppo in Trentino i governi provinciali che si sono succeduti nel corso degli anni hanno mantenuto un atteggiamento ben diverso rispetto ad Emilia Romagna, Lombardia e Veneto: da noi le strutture private sono sempre state considerate come elemento integrativo e sussidiario rispetto ad un sistema pubblico preponderante e non si è mai voluto utilizzare l’offerta qualitativa del privato come utile elemento di positiva competitività con il sistema pubblico a tutto vantaggio dei cittadini.

Emblematica, al riguardo, la decisione politica, unica in Italia, di inibire ai medici specialisti operanti nelle strutture accreditate la possibilità di prescrivere il piano terapeutico per i nuovi anticoagulanti orali nella fibrillazione atriale costringendo i medici stessi ad andare contro le linee guida internazionali che prevedono l’impiego preferenziale dei Nao (nuovi anticoagulanti orali) al posto dei dicumarolici.

Gli ospedali privati del Trentino hanno effettuato negli ultimi anni investimenti economici poderosi nelle infrastrutture e nella qualità diagnostico-terapeutica, garantendo nel contempo elevati indici di occupazione lavorativa, ma continuano ad essere frenati nella loro potenzialità, mentre le strutture private accreditate venete e lombarde al confine col Trentino continuano ad attrarre pazienti trentini ai quali in casa nostra viene sostanzialmente inibito, con il meccanismo dei «tetti finanziari», l’accesso alle cliniche private della nostra provincia con l’illusoria convinzione dei nostri politici che il tetto finanziario funga da elemento sostanziale nel costringere i trentini a servirsi delle proprie strutture pubbliche.

Si continua così ad assistere ad un flusso costante di pazienti trentini in uscita attratti dall’offerta qualitativamente elevata e svincolata da condizionamenti politici degli ospedali privati veneti e lombardi. Ciò ha prodotto una situazione che è ben fotografata nelle pubblicazioni curate da Nadio Delai per Ermeneia che documentano come il Trentino abbia indici di attrattività dei propri ospedali pubblici assai bassi e come la sua rete ospedaliera risulti, fra le regioni settentrionali, quella con il rapporto produttività/costi più negativo.

Se vogliamo migliorare gli indici economici ma anche il grado di soddisfazione degli utenti, soprattutto nelle valli periferiche, si dovrà puntare ad una organizzazione completamente nuova dell’offerta sanitaria ospedaliera e specialistica.

Non si può non tener conto, accanto al problema del progressivo depauperamento delle risorse finanziarie, della prevista grave carenza di nuovi medici specialisti che si renderebbero necessari per tenere in piedi i reparti ospedalieri ed i servizi agli stessi connessi (anestesia, rianimazione, ostetricia, neonatologia) secondo la tradizionale impostazione stabilita ancora nel secolo scorso dalla legge Mariotti.
Ecco quindi che gli ospedali periferici dovranno essere trasformati in «case della salute» all’interno delle quali dovranno coesistere studi associati di medici di medicina generale e poliambulatori delle diverse specialità mediche e chirurgiche gestiti in parte da specialisti provenienti dagli ospedali di Trento e Rovereto (o dal solo Nuovo ospedale trentino – Not fornito di organici medici adeguatamente rafforzati per garantire la mobilità dei professionisti verso la periferia) ed in parte anche da specialisti forniti da strutture private accreditate con garanzia di adeguato livello qualitativo.

Nelle «case della salute» delle valli del Trentino dovranno continuare ad operare i punti di Pronto soccorso, adeguatamente supportati dagli ambulatori sopra richiamati, ed i reparti medici ad impronta geriatrica per garantire assistenza alle patologie acute degli anziani vicino al loro luogo di residenza. Dovrà inoltre essere garantita in periferia un’attività chirurgica generale e specialistica in regime di day-surgery o ambulatoriale svolta dagli specialisti provenienti dal Not o da strutture private accreditate. Tutta la diagnostica ad elevato livello tecnologico ad alto costo di installazione e manutenzione andrà concentrata nel Nuovo ospedale trentino - Not).

Per fare ciò occorre in Trentino una svolta politica che superi l’attuale sistema sanitario fondato su un rigido monopolismo pubblico e su un atteggiamento pregiudizialmente negativo rispetto al possibile apporto del privato nel miglioramento dell’assistenza ospedaliera e territoriale.

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