L'attrazione per i cibi dolci

L'attrazione per i cibi dolci

di Michele Pizzinini

La scelta del cibo è determinata dagli organi di senso, che sono tutti più o meno coinvolti nella scelta: ad esempio la sola vista di un alimento ci può far venire l’acquolina in bocca, così come il suo profumo, la sua consistenza, o la sua croccantezza, ma il gusto è il senso più coinvolto e la lingua è la sede del nostro organo del gusto. Sulla lingua sono presenti numerosissime protuberanze di varie forme e dimensioni, le papille gustative, che sono le responsabili della percezione dei sapori.

Le terminazioni nervose che partono dalle papille arrivano direttamente al cervello che elabora le informazioni in tempo reale e ci fa decidere se un alimento è commestibile o meno. Un tempo si riteneva che alcune aree della lingua fossero più specializzate nel percepire il sapore dolce piuttosto che il salato o l’amaro, in realtà si è visto che i recettori del gusto si distribuiscono in maniera omogenea su tutta la superficie della lingua.

Recentemente si è scoperto che i recettori del gusto sono presenti in tantissimi organi: lungo tutto l’apparato digerente, ma anche nei polmoni, nel cervello e addirittura nelle ossa. Chissà mai perché? Il cibo che transita lungo l’apparato digerente viene costantemente analizzato. L’intestino ne riconosce la composizione ed invia le informazioni al cervello per informarlo se quel pasto è più ricco di proteine piuttosto che di grassi o di zuccheri.

I sapori fondamentali sono cinque: dolce, salato, amaro, acido e umami. Fino a poco tempo fa si riteneva che i sapori fossero quattro ma da una decina di anni circa si è individuato il gusto per le proteine. L’umami è il gusto per i cibi saporiti. I recettori di questo gusto sono stimolati in particolare dal glutammato, che è uno dei 20 aminoacidi che compongono le proteine. Uno degli alimenti più ricchi di glutammato è il formaggio grana. Recenti ricerche hanno osservato che noi, probabilmente, abbiamo dei recettori anche per i cibi grassi, ovvero siamo attratti anche dai grassi, probabilmente perché in natura essi sono poco rappresentati.

Questi cinque gusti sono innati, ovvero noi siamo fisiologicamente attratti da tutto ciò che è dolce, da ciò che è salato, dalle proteine e probabilmente dai grassi, mentre siamo molto guardinghi verso i cibi aspri e siamo decisamente respinti dai cibi amari. Mentre per il dolce abbiamo un unico recettore ne possediamo almeno 30 per i sapori amari. Il cervello interpreta il sapore amaro espresso da una tossina come potenzialmente dannoso per il nostro corpo.

A parte questi gusti innati il comportamento alimentare è appreso, ciò significa che ogni cucciolo deve imparare dai genitori a mangiare i cibi «giusti» e ad evitare quelli «sbagliati», perché, la gran parte dei vegetali, per non farsi mangiare, produce sostanze che potrebbero essere dannose se non addirittura letali. Ricordiamoci che le piante per non farsi mangiare producono il 95 % delle tossine ambientali, per scoraggiare, oltre a tutti gli erbivori, il milione circa di specie diverse di insetti che si nutrono di vegetali.

Nella scala evolutiva il gusto per il dolce ha origini antichissime, tanto che anche gli insetti hanno un innato gusto per il dolce. Basti osservare le api e tutti gli insetti impollinatori come anch’essi siano attratti dal sapore dolce. Dolce significa energia.

Le piante non potendo muoversi sul territorio producono fiori molto colorati per attirare l’attenzione degli insetti, depongono il nettare, che è composto ricco di zuccheri, in profondità dentro il fiore e quando l’insetto si avvicina per succhiare il nettare si impregna di polline e lo trasporta in lontananza su altri fiori per fecondarli. Le api lavorano e lo depositano, sottoforma di miele, come riserva energetica.

La pianta produce il frutto, che d’estate durante la maturazione si arricchisce di fruttosio e nasconde il suo Dna dentro un guscio ligneo indigeribile. Il seme della pianta dentro il nocciolo è amaro nella stragrande maggioranza dei casi, perché se fosse appetibile gli animali se lo mangerebbero.

Le piante, con un grande dispendio energetico, una prima volta mettono a disposizione gli zuccheri per gli insetti dentro i fiori, per farsi impollinare e una seconda volta dentro frutti molto colorati ed attrattivi per gli animali per far distribuire i suoi semi sul territorio.
I cereali ed i tuberi, immagazzinano energia sottoforma di amido. Ad esempio le patate e le carote «nascondono» le riserve energetiche sottoterra, mentre i cereali proteggono il germe della pianta - il Dna, con le sue scorte di amidi dentro un involucro indigeribile, che nel caso del frumento è la crusca.

La pianta usa gli zuccheri come riserva di energia, e li tiene ben nascoste sotto terra o protetti da involucri lignei, oppure li usa come un’attraente «merce di scambio» per insetti ed animali per farsi aiutare a diffondersi sul territorio.

Va ricordato che il fruttosio è il più efficace produttore di trigliceridi (=grassi) perché gli animali, quando matura la frutta, ne approfittano per fare scorte per l’inverno.
L’uomo ha trascorso gran parte della sua evoluzione con questa attrazione per i cibi dolci che risultava essere vantaggiosa in tempi in cui questi erano disponibili solo per brevi periodi, ma che si è trasformata in un’attrazione fatale nel momento in cui abbiamo incominciato ad avere a disposizione ogni giorno enormi quantità di zuccheri semplici e complessi.

Quello che in passato si era selezionato come un carattere vantaggioso per la nostra sopravvivenza, oggi l’attrazione per i cibi dolci si rivela essere la causa principale dell’epidemia di diabete e di obesità.

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