Impegniamoci per custodire il creato

Impegniamoci per custodire il creato

di Giancarlo Bregantini

Sembra che ogni volta il viaggio nella mia terra, in Trentino, mi affidi come compito quello di ammirare, dal finestrino del treno, i paesaggi delle varie regioni che si presentano lungo la via di percorrenza che, il più delle volte, mi porta da Sud a Nord. In questi giorni sarò, infatti, in mezzo alla mia gente, per alcuni impegni pastorali col mondo giovanile.

Ogni viaggio per me diventa un racconto, un’esperienza unica. Fatta di corse, di volti, di suoni, d’immagini, ma soprattutto di traversate di verde. Striate di sfumature autunnali, che si distendono ai miei occhi, come magia che mi riempie l’animo di spensieratezza, specie quando giugno poi davanti alle Dolomiti, che sono lì splendide, in attesa del bianco della neve. In questi giorni di esercizi spirituali trascorsi a Roma con i miei preti, abbiamo molto riflettuto sui primi capitoli del Libro della Genesi, sempre affascinante col suo duplice monito: lavorare la terra e considerare il firmamento come punto fermo e di riferimento. Questa volta sul mio posto in treno trovo una rivista interessante. Forse dimenticata o lasciata lì dal passeggero che lo aveva occupato precedentemente.

La sfoglio e leggo dettagliate notizie relativi al dissesto ambientale. In particolare l’articolo offriva serie informazioni sul problema della contaminazione atmosferica, che sta mettendo a rischio soprattutto il mondo laborioso delle api. Un fenomeno questo del miele che sta interessando anche zone del Trentino, che ringrazio particolarmente per il sostegno ad un nostro progetto di cooperazione avviato col Progetto Policoro in diocesi. La crisi di questo prodotto naturale è dovuta agli sbalzi climatici. Ma non solo. Il troppo caldo o il troppo freddo non sono degli alleati. Anzi possono penalizzare le api, proprio perché limitano le temperature ottimali per l’impollinazione e tutte insieme queste cause negative soffocano la dinamicità del nettare e della fotosintesi.

Occorre ribadire solo una cosa di fronte a questo scenario di api in difficoltà e cioè che il polmone della natura resta il cuore attento dell’uomo! Non c’è futuro se il presente non è consumato nell’opera di custodia del creato. Il nostro Pianeta non può fare a meno dell’amore di noi uomini. Tutto è correlato, ricorda il Papa nella Laudato sii. Se sta bene la terra è perché l’uomo si impegna instancabilmente per il suo bene e viceversa. Se invece l’uomo si desertifica dentro di sé, la conseguenza drammatica sarà che quella desertificazione andrà a finire, prima o poi, anche al suo esterno, fino a travolgerlo.

Appropriarci della salute della natura è garantire la nostra stessa salute. Non è più tollerabile che noi umani arriviamo a fabbricare i nemici di noi stessi, un mondo contrario a noi! Ecco perché, a pensarci bene, quello che è avvenuto di recente a New York, con la vendita all’asta dell’opera di Leonardo Da Vinci, battuta per mezzo miliardo, ci offre sicuramente una prima sensata risposta. Un antidoto efficace. Spendere in bellezza, in cure, in ricerca, in opere d’arte, costruire scuole, musei e ospedali è sicuramente più umano e umanizzante che sperperare in armi, in sistemi d’inquinamento, in disordini consumistici, in bombe nucleari come avviene in Corea del Nord.

Il linguaggio dell’arte, come quello della natura, resta un balsamo per la nostra società, talvolta davvero tragicamente dilaniata dal cieco materialismo. Bisogna tornare all’arte, alla cultura, all’artigianato, all’agricoltura, finanziandole molto e molto di più! Il capolavoro di Leonardo, con i suoi cinque secoli, ha superato la prova del tempo, perché continua ad incantarci, a dirci che tra i pennelli del pittore e la zappa dei contadini non c’è differenza. La vita passa tra le mani di chi la coltiva e di chi la ama. In questa domenica dedicata a Cristo, Re della Storia e dell’Universo, ci riscopriamo partecipi dei doni del cosmo, in sinfonia con tutta la realtà creata, scrutando nei campi del nostro Paese un contadino che esegue la sua semina, il suo raccolto e la potatura, come fossero un vero ricamo, con accanto, però, un artista che lo contempla stupito mentre ne legge i segreti remoti e ne coglie gli slanci d’amore, immortalando perciò coi propri colori quelle emozioni, quel sudore silente e fecondo, come azioni sacre.

E avremo sicuramente alberi e fiori piantati per la vita delle api e per nostro necessario nutrimento.

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