Classici che spasso. Per tutto il popolo

Classici che spasso. Per tutto il popolo

di Paolo Ghezzi

Peccato che in Italia «classico» sia sinonimo di «uffa». Nel Paese della classicità, forse per colpa della retorica risorgimentale, forse per colpa dell’epica fascista, forse per colpa di un certo tipo di insegnamento stantio che non li sa o non li vuole raccontare, i classici - della letteratura e della musica - sono diventati oggi una noia per intellettuali.

E invece sono una gioia per il popolo.

La riprova, in queste settimane, è facile, alla portata di tutti, su quell’isola dei tesori che è Radiotre nazionale. Sentiamo la voce portentosa di Sermonti che legge le Metamorfosi di Ovidio, da lui stesso tradotte: uomini donne dee e dei, avventura, dramma, eros, passioni, violenza, visioni. Omero e Dante non sono solo più belli e più interessanti e più importanti di Baricco o Saviano: sono più appassionanti, più divertenti.
E, restando su Radiotre, alle nove della sera d’estate ascoltiamo le dirette dalla Royal Albert Hall di Londra, da gioiosi concerti Bbc che non a caso si chiamano «proms» da promenade, passeggiata: cinquemila persone entusiaste (anche con poco canonici ma sinceri applausi dopo il singolo movimento sinfonico) di Beethoven ma anche di Britten, di Bach ma anche di Stravinskij.

Perché la musica classica - che in Italia abbiamo dimenticato o mummificato - è fuoco d’artificio, è emozione e sorpresa, è scoperta e invenzione. Bene fa dunque a contaminarsi con altre musiche, come insegna l’Orchestra Haydn, che il prossimo 23 settembre al Sociale suonerà le grandi canzoni di Bardotti con Vanoni e Cristicchi. E bene fa la Fondazione Caritro a rilanciare alle giovani band la sfida di un «canone» classico da trascrivere in ritmi e suoni non canonici (a proposito, il termine del concorso M4NG, Music for the Next Generation, scade, prorogato, l’8 settembre).

L’orchestra classica in piazza, cioè la musica colta per il popolo, non dovrebbe essere però un’esperienza confinata alla stagione estiva, come se autunno inverno e primavera non fossero stagioni adatte a superare il pregiudizio su Ravel o Shostakovic riservati a un pubblico acculturato ai segreti difficili della musica aristocratica, mentre al popolo trentino si vorrebbero destinare i cori di montagna e le bande sociali.

E per tutti i popoli del mondo sarebbe pensata la musica pop internazionale, omologata prevedibile e digeribile per il consumo quotidiano a tutte le età.

Schubert e Mozart sono gioia, altro che noia. Mahler è un antidoto al male. Arvo Pärt è un trip, Scarlatti un rap, Haydn una scarica di watt.   

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